"There are more things in heaven and earth, Horatio, Than are dreamt of in your philosophy."

Così ammoniva Shakespeare, ma noi tendiamo a dimenticarlo. In un'epoca in cui si confonde l'algoritmo con la saggezza, e basta un podcast motivazionale per sentirsi riformati, continuiamo a credere che l'umanità si possa rieducare e che la ragione stia, tutto sommato, vincendo.

Il libro di James Hillman, The Soul's Code, l'ho trovato nella mia libreria dopo quattro traslochi e vicende travagliate. Non lo avevo comprato (non compro mai traduzioni italiane di libri inglesi, per principio snobistico e grammaticale), né preso in prestito. Apparso dal nulla, come una B-side dimenticata che torna a girare sul piatto. Un segno, forse. L'ho letto.

Anche se non credevo fosse il mio genere, Hillman mi ha sorpreso. Prende due piccioni con una fava sola, e lo fa senza troppa retorica new age: partendo da Platone, propone che l'anima - una ghianda, la chiama Hillman - preesista al corpo e arrivi al mondo con una vocazione innata, guidata da un daimon. Il nostro compito è far crescere l'anima seguendo la direzione giusta.

Se accettiamo l'idea, le implicazioni sono piuttosto intriganti:

  1. I genitori non sono colpevoli di tutto. Non hanno creato nulla: hanno semplicemente accolto una ghianda già munita di libretto d'istruzioni. Il loro compito è annaffiarla, non piegarla a bonsai.
  2. Ogni vita ha un senso. Non ce lo inventiamo, ce l'ha. Sta a noi scoprire qual è.

Non deve essere uno scopo grandioso. Non tutti possiamo scrivere The Dark Side of the Moon o prendere un Nobel. Può anche essere diventare il miglior elettricista del quartiere o il più onesto fruttivendolo della provincia. L'importante è che sia la tua strada. Così i genitori possono finalmente smettere di sentirsi in colpa, e noi possiamo abbandonare l'adorato vuoto esistenziale in cambio di un compito più concreto.

Qui però scatta la domanda spinosa: che daimon aveva Hitler? O i serial killer? O quel cretino che parcheggia in doppia fila? Hillman risponde che anche loro ce l’hanno. Ma è un daimon perverso, e l'anima - poveretta - non è riuscita a opporgli sufficiente resistenza. Sembra una scappatoia elegante? Può darsi. Ma resta meno insensata di certe teorie che cercano l'origine del male nella qualità del latte materno o nel colore delle tende della cameretta.

Forse, però, il vero motivo per cui questa teoria non ha sfondato è un altro, molto più malinconico e non vogliamo sentircelo dire. È più rassicurante pensare che la vita non abbia alcun senso, piuttosto che sospettare, anche solo per un attimo, che ce l'aveva, e che l'abbiamo mancato. Che il daimon ci parlava… ma noi avevamo le cuffiette o stavamo giocando con la PlayStation.

E così va meglio adesso: giù per la discesa, mano nella mano con il nichilismo, mentre seguiamo fischiettando il pifferaio magico nell'abisso.

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