Dolly's Restaurant è il lungometraggio d'esordio di James Mangold, che sarebbe presto diventato uno dei registi di punta a Hollywood, firmando film come Ragazze Interrotte, Walk the Line e, di recente, A Complete Unknown. Quest'opera prima è ancora un film indipendente, dove il regista mostra già lampi di un talento notevole, partendo dalla condizione di un singolo individuo per giungere a una metafora della vita molto più ampia.

Dolly's Restaurant è la storia di un uomo, Victor Modino: un uomo ancora giovane, obeso, estremamente introverso e taciturno, ai limiti del mutismo; soprattutto, un uomo totalmente isolato dal mondo che ruota e scorre attorno a lui. Le sue giornate sono dominate da una routine scialba e monotona e dal lavoro come cuoco nello sgangherato roadhouse dei suoi genitori, o meglio di sua madre Dolly, perché il padre non c'è più. Il poster di Farrah Fawcett che lo accoglie a ogni risveglio, il cagnetto che a lui preferisce la madre, i viaggi in auto con la radio su un programma di psicologia, i solitari prima che il locale chiuda: così passano le giornate di Victor, la cui unica compagnia, oltre a Dolly, sono Dolores, una cameriera scorbutica e volgare, e Leo, un ubriacone che spreca il suo tempo al bancone da mattina a sera. Ha un unico talento, Victor, quello della cucina; ogni giorno, in auto, lascia alla sua destra il Culinary Institute of America, dove potrebbe formarsi per diventare un grande chef, ma la madre, che gli vuole un bene dell'anima ma lo tratta ancora come un bambino, ritiene il tutto solo uno spreco di soldi e quindi non se ne fa nulla.

Le cose iniziano a cambiare, però, quando Dolly (siamo all'inizio del film) assume Callie, una ragazza molto avvenente che ha appena abbandonato gli studi. Victor ne è immediatamente attratto, ma non sa come approcciarla; è presto chiaro che anche Callie, capace di andare oltre l'aspetto fisico, prova dei sentimenti per lui, ma il loro è un amore impossibile, per l'ingombrante presenza di Dolly da un lato e un fidanzato rude, autoritario e possessivo dall'altro, la cui relazione con Callie quasi non va oltre le soddisfazioni sessuali. Ispirato da Callie, Victor vuole iniziare a dimagrire e cambiare la sua vita, ma un giorno sua madre ha un infarto e tutto rischia di crollare...

James Mangold ha lasciato il segno già col suo esordio, che vinse il Premio speciale per la regia al Sundance e venne presentato in concorso a Cannes per la Camera d'Or. Il casting è eccezionale: per i quattro ruoli principali non si potevano scegliere attori più adatti, a partire da Pruitt Taylor Vince in quello del protagonista, con una grande Debbie Harry (Dolores) e una convincente Liv Tyler (Callie). La colonna sonora è di Thurston Moore, che personalmente mi sta antipatico, ma mi sembrava doveroso segnalarlo.

Un film senza filtri, iper-realistico, che parla al cuore, mostrando lo squallore e la grettezza della provincia americana, mostrando quei sogni, come il Culinary Institute, così vicini eppure così lontani per tutti noi; un film che mi ha lasciato addosso una cappa di tristezza sensibile, una tristezza artistica e riflessiva, con un titolo italiano che non rende giustizia all'originale, Heavy: pesante, come Victor, pesante come la sua condizione, dove però, forse, s'intravede ancora un barlume di speranza...

Alla prossima.

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