Terzo capitolo dei Japan, "Quiet Life" rappresenta l'album della metamorfosi del loro sound. Dal glam di "Adolescent Sex" e "Obscure Alternativies" (due lavori onestamente poco trascendentali) si passa a suoni più levigati ed elettronici, si insinuano atmosfere esotiche e rarefatte, insomma si comincia a delineare quello che sarà il loro marchio di fabbrica nel futuro.
In "Quiet Life" sono in gestazione i futuri capolavori della band.
Si inizia con la title-track, appena parte ti sembra di ascoltare "Methods Of Dance", poi invece un ritmo da disco club prende il sopravvento, e trascina il brano per i suoi cinque minuti. Non ci sono trovate geniali, l'andamento è tutto sommato monotono, la sensazione generale che si ha all'ascolto comunque è quella di una certa eleganza.
"Fall In Love With Me" è più incostante, il ritmo è più vario e complesso, la tastire di Barbieri delineano un riff caratterizzante nel "ritonello", comincia ad esserci una parvenza, seppur lieve, di sperimentazione.
Con "Despair" l'atmosfera si fa soffusa e labile, un piano languido evoca paesaggi estivi all' imbrunire, accompagnato superbamente dal sax e dalla voce di un synth malinconico che riecheggia a metà del brano. L' andamanto è volutamente molto rallentato, per enfatizzare la componente ipnotica del suono. Piccolo gioiello.
La successiva "In Vogue" meriterebbe di essere maggiormente ricordata. Degna dei lavori successivi è la vera perla dell' album. Giro di basso fantastico da parte di Karn, cantato Sylvian ambiguo e ammiccante, il brano sembra voler andare da tutte le parti, non scegliendo una direzione precisa, così quando lo ascolti non riesci a decifrarlo se non dopo molto tempo.
Possiede tutte le caratteristiche migliori dei Japan.
"Helloween" è solo un riempitivo, pur non sgradevole. Come dire, c'è sempre il marchio di fabbrica.
"Alien" è la sorella minore di "Swing" (Gentlemen Take Polaroids). Non si scende comunque sotto la sufficienza.
La chiusura è affidata a "The Other Side Of Life", anche questa guidata dal suono del pianoforte. Inutilmente lunga (sette minuti e mezzo), finisce con l'annoiare. Il canto di Sylvian è troppo languido e "new romantic", l'arrangiamento monotono e stucchevole, sembra di ascoltare uno di quei successi estivi tipici degli 80 per coppie in cerca di baci al juke-box. Insufficiente.
"Qiet Life" è per i fan dei Japan. Chi non possiede nulla di questo gruppo è meglio che si orienti sui due album successivi perchè SONO MIGLIORI. Lascia intravedere le meraviglie che si prospettano all'orizzonte ma non convince pienamente. Ancora un pochino incerto ed acerbo, risulta a volte lambiccato. E' il classico album che precede il capolavoro.
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