La tendenza frammentatrice, l'attitudine lo-fi, il periodare caotico, il senso sottilmente nullificato, la decozione di tutto nel tutto del Bill Callahan di "Julius Caesar" translitterata nell'alfabeto elettronico.

Che parla, o meglio, si esprime attraverso i suoni. E una Stele di Rosetta forgiata dalla ragione umana per tradurre un linguaggio che umano non è non può che essere arbitraria, approssimativa. Fallace in definitiva.

Ballare di architettura? E suonare di sentimenti ha forse più ragion d'essere?

Musique concrète antievocativa perché un suono non rimanda ad altro che a se stesso. Anzi, un suono non rimanda. Un suono semplicemente è.

L'Uno primordiale che incessantemente crea e distrugge ma privo di quell'ebrezza dionisiaca tanto cara a Nietzsche. L'asettico comporsi dei fatterelli quotidiani in un collage di micro-loop bardati a noise.

Un hic et nunc sonoro increspato di sgrammaticature glitch che si librano su droni a basso voltaggio.

Un ambient cruda, dissonante, sbeccata. L'hic sunt leones di ogni carta geografica elettroacustica.

Gli epigrammi che il vento verga sulla sabbia. Il "Finnegans Wake" dell'elettronica astratta.

L'occhio fisso della mia gatta sulla preda che sta per ghermire. Vivido, materico. Per sempre intraducibile.

Ma "Songs About Nothing" di Jason Lescalleet si compone di due dischi e alla balbuzie in esperanto del primo si contrappone un lungo e sinuoso soundscape sintonizzato su frequenze dark, pulsazioni minacciose e fronzoli minimal-noise.

Decisamente più convenzionale.

Se non fosse che nel divenire l'elettronica pura viene quasi letteralmente inghiottita dai field recording per poi virare e sfumarsi patafisicamente su un frammento al rallenty di "It's No Good" dei Depeche Mode.

"It's No Good"="non funziona".

È qui che la mia mente malata ha capito (o ha creduto di capire): sconfessando il secondo disco Lescalleet fornisce la chiave del primo.
La musica programmaticamente ordinata del secondo è il tentativo umano di imbrigliare e tradurre ciò che nel primo era libero e originale. E, semplicemente, "non funziona".

Anche nel primo disco c'è la mediazione di un uomo? Ovviamente, ma ogni concetto (in quanto tale) non può prescinderne e certi limiti non sono valicabili.

Nietzsche:
"L'antica leggenda narra che il re Mida inseguì a lungo nella foresta il saggio Sileno, seguace di Dioniso, senza prenderlo. Quando quello gli cadde infine tra le mani, il re domandò quale fosse la cosa migliore e più desiderabile per l'uomo. Rigido e immobile, il demone tace; finché, costretto dal re, esce da ultimo fra stridule risa in queste parole: 'Stirpe miserabile ed effimera, figlio del caso e della pena, perché mi costringi a dirti ciò che per te è vantaggiosissimo non sentire? Il meglio è per te assolutamente irraggiungibile: non essere nato, non essere, essere niente. Ma la cosa in secondo luogo migliore per te è morire presto".

Ma giacché e finché siamo in vita forse faremmo meglio a comportarci come il suono... Esistiamo. Esistiamo e basta.

Lasciamo pure ad altri l'ozioso compito di tradurci.

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