Come si fa a parlare di amore o di musica? Ascoltando il cuore credo, forse perchè solo esso conosce tutte le cose. E proprio nei luoghi segreti del cuore Buckley trovava se stesso, dolce e delicato, quasi rassegnato.

Il disco parte e l'atmosfera è inconfondibile, gli applausi salgono e Jeff incalza in un'imbarazzato "merci" prima di introdurre "Lover, you should have come over", lenta e candida, come un respiro caldo e ritmato. l'illusione e l'abbandono, che seguiranno il disco fino all'ultima traccia, sono messi a nudo subito "baby i'm too young to hold on and to old to just break free and run...". Disperatamente umano. E disperatemente angelica è la sua voce, la passione. La tracklist propone i titoli più noti dell'autore, dalla potenza di "dream brother", alle graffianti "Eternal life" e "Kick out the jams" (cover della punk band MC5) degenerata dall'estensione vocale folle di questo figlio d'arte.

Ma la vera valvola di sfogo Jeff non la trova nei brani rabbiosi, come l'incauto e superficiale ascoltatore potrebbe immaginare. Perchè con la rabbia non si fa nulla. Le note appena arpeggiate di "Lilac wine" e della tanto attesa "Grace" cullano così il silenzio irreale di un pubblico attonito, il fruscio della musica, sensazioni e sogni si confondono, applausi. il rumore è nuovo e utile conforto. Jeff infrange il silenzio e gioca con la saggia ironia suonando i primi accordi di "Kashmir" (amato brano dei Led Zeppelin) e improvvisando un francese scolastico che entusiasma il pubblico parigino. Arriva così, sottovoce la dolce "Je n'en connais pas la fin", romantica e maliconica, parigina insomma. in "Hallelujah" Buckley ansima per ogni vibrazione del cuore, d'apprima destreggiando la voce nel falsetto per poi stanco sussurare "...well it's not a cry that you hear at night, it's not somebody who's the light, it's a cold and it's a broken hallelujah...".

il concerto è finito, applausi, ancora. Non è la fine però, il silenzio, quello creato dalle parole, non c'è più, ma quello del cuore sì, costode eterno di ricordi magici. Ed è solo di amore che Jeff Buckley cantava, quello puro e reale, quello per la vita.

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