Saper raccontare le persone normali non è per niente scontato. Sì, perché pur parlando di un caso che ha fatto giurisprudenza, Loving tratta di persone normali. Il regista e sceneggiatore Jeff Nichols lo fa molto bene, senza forzare la mano, senza dover necessariamente tirare fuori messaggi, simboli, epos. Non, la vicenda dei coniugi Loving è profondamente intima, pur diventando uno spartiacque per l’intera nazione. Nichols vuole privilegiare la dimensione familiare, amorosa, psicologica della questione. E la affronta con grande delicatezza, con dei tempi e delle modalità impeccabili.

Si crea un’alchimia evidente tra i due attori protagonisti, Joel Edgerton e la splendida Ruth Negga. E poi basta quella – in apparenza – per far procedere il film, saggiamente ma mai palesemente indirizzato dal regista. L’esperienza cinematografica è, prima che narrativa, percettiva. Ci si immerge nella vita quotidiana di queste persone, se ne assapora la normalità e la profonda dignità. Questo non significa renderli migliori di quello che sono. Richard Loving ha i suoi limiti, evidenti, eppure ha una forza incrollabile, che lo porta a non sfiorare nemmeno l’idea di lasciare la moglie. In modo eguale e opposto, Mildred è sveglia, acuta, ma a volte fragile, troppo passiva. Col tempo imparerà a farsi valere, sempre di più.

Il personaggio di Edgerton è solido, ma a tratti schematico, mentre quello di Ruth Negga è davvero meraviglioso, poetico. Le espressioni dell’attrice colorano tutto un arcobaleno di sentimenti, timori, gioie e speranze. Con grande delicatezza.

Il cinema di Nichols è particolarmente maturo e pacato. Senza gridare, senza enfatizzazioni, riesce comunque a mettere tutti i puntini sulle i. Dalle questioni giudiziarie poco trasparenti, all’accanimento delle forze dell’ordine, alle tensioni sociali, al complicarsi dei rapporti con colleghi, familiari e amici. C’è tutto in questo film, ma risulta d’una leggerezza insospettabile. Merito dello stile, delle musiche, delle ambientazioni, delle giuste alternanze tra questioni problematiche e gioie del vivere quotidiano. Questa attenta costruzione non è nemmeno percepibile. Il film scorre come se non ci fosse qualcuno a girarlo, è d’una spontaneità miracolosa. E la prova di Ruth Negga ne è sublime conferma.

La spontaneità perfettamente ricostruita (o ricreata) dagli attori ha la sua espressione più alta e bella nel momento in cui un fotografo della rivista Life va a fare visita ai coniugi Loving. La fotografia che li ritrae sul divano, accoccolati, divertiti nel guardare un programma in tv, ne immortala la purezza d’animo. Per contro, la loro antitesi non è data tanto da poliziotti o giudici, quanto dall’avvocato Cohen, del tutto disinteressato alla loro vicenda umana e intento solamente a raggiungere il suo scopo particolare, per diventare celebre, mettendo più volte a rischio la loro libertà.

7/10

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