Ci sono album destinati a segnare la storia fin dal momento della loro pubblicazione, lavori imprescindibili per i quali il passare del tempo non risulta assolutamente un peso, ma anzi un efficace modo per impreziosire ulteriormente il loro immenso valore. "The Sun Rises In The East" di Jeru The Damaja può essere inserito a pieno titolo nella sopracitata categoria.

Pietra miliare o capolavoro che sia, l'esordio discografico dell'illustre membro della rinomata "Gang Starr Foundation" suona incredibilmente attuale anche a 12 anni di distanza (la sua uscita è datata Maggio 1994), ed è unanimamente considerato un "must-have" per ogni appassionato di Rap o, semplicemente, di buona musica. Ma procediamo per gradi. È il 1992 l'anno in cui l'MC Rastafari più famoso della storia si presenta al grande pubblico, rilasciando una fulminante strofa nella mitica "I'm The Man" dei Gang Starr. Dovranno trascorrere due anni per aspettare la grande conferma, dapprima con il mirabile featuring concesso a Guru e DJ Premier in "Speak Ya Clout", e subito dopo con la pubblicazione dell'attesissimo esordio solista, "The Sun Rises In The East", che fin dall'evocativo titolo rivendica l'appartenenza geografica, musicale e tematica del nostro. Interamente prodotto da Chris Martin aka DJ Premier (un nome, una garanzia!), l'album si colloca perfettamente, per sonorità e argomenti trattati, nel tipico stile newyorkese di metà anni '90: tappeti musicali infarciti di grezzi samples Jazz e Funk, batterie sporche e pesanti come macigni, il tutto al servizio del rhyming scorrevole ed efficace di Jeru, a suo agio sia in storytelling cupi e stradaioli che in tracce dall'approccio maggiormente metaforico e spirituale. Si passa, così, con nochalance dalla autocelebrativa "D Original" all'oscura "Brooklyn Took It", sentito tributo al suo Borough d'origine, passando per le irresistibili punchlines ed allegorie di "Mental Stamina" (in cui compare anche un giovanissimo Afu Ra), la simpaticissima "Da Bichez", originale riflessione sul lato maggiormente materialista del gentil sesso, fino all'introspettiva "My Mind Spray, forse il vertice assoluto dell'intero disco: ipnotico e rielaborato campione tratto da "Nautilus" di Bob James, unito ad assolute perle di stile che il nostro ci regala lungo i solchi del vinile ("Slow like demise I crept on those that slept/Droppin my ryhme science like I'm Imhotep...", "Rap brainiacs have cardiacs soon after the attack/When it comes to ryhmin I slam harder than Shaq..."). Da segnalare ancora la coinvolgente "Jungle Music", acuta riflessione su Rap e cultura afroamericana, infarcita di tutto l'afrocentrismo possibile ("More mics killed than slaves during the middle passages/Who rapes and ravages and calls us savage?"), e le conclusive postille di "Statik" ("I get high, praise to the most high/tried to battle me, step up & die...").

Risulta quindi superfluo aggiungere ulteriori parole per descrivere un assoluto masterpiece come "The Sun Rises In The East", un lavoro sublime e sopra le righe che, in coppia con il successivo "Wrath Of The Math", targato 1996, rappresenta senza alcun dubbio uno dei massimi storici di un genere come il Rap, sì relativamente giovane, ma già ricco di gioielli eccelsi e, a volte, ingiustamente dimenticati.

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