Si sentiva la mancanza di un film tributo agli Stooges e, a questa lacuna, ha rimediato, per fortuna, il regista di culto americano Jim Jarmusch con Gimme Danger. Gli Stooges del grande James Newell Osterberg, al secolo Iggy Pop, sono stati un gruppo fondamentale per l’evoluzione della musica fine anni ’60 inizio ’70: il loro sound duro e grezzo era l’esatto opposto – quasi una risposta – alla cultura psichedelica del flower power con i suoi ideali libertari di pace e amore portati avanti dagli hippies: in un certo senso hanno incarnato la fine della generazione di Woodstock.

Il film di Jarmusch è un documentario fedele della loro storia e si basa principalmente sulle dirette testimonianze dei membri del gruppo ovvero, per la maggior parte, di Iggy Pop, del chitarrista Ron Ashton (1948-2009), del batterista Scott Ashton (1949-2014) e dell’altro chitarrista James Williamson. Ne emerge un quadro molto interessante che ripercorre tutta la loro carriera dall’inizio: gli Stooges erano originari di Ann Arbor nel Michigan- vicino alla città industriale di Detroit, ragione per cui si parlerà di ‘Detroit Sound’ per identificare gruppi come Stooges e MC5 – e figli delle contestazioni politiche dell’epoca: condividevano gli ideali comunisti con i loro colleghi MC5 anche se, rispetto a questi, hanno sempre mantenuto un approccio nichilista. Iggy Pop sembra ancora oggi in ottima forma e narra tutte le vicissitudini degli Stooges: dagli inizi quando militava nella band garage-rock degli Iguanas – nome sicuramente per lui significativo – fino alla formazione del gruppo e alla genesi del primo classico The Stooges con capolavori immortali quali “No Fun” e “I Wanna Be Your Dog”, un inno alla sottomissione sessuale che Iggy cantava con un collare da cane.

Giustamente si è dato grande spazio agli eccessi di Iggy Pop, un autentico animale da palcoscenico: i concerti degli Stooges erano veri e propri happening in cui succedeva di tutto. Ma, al di là di questo, non va dimenticato come si trattasse di un gruppo musicalmente validissimo: il background musicale di Iggy Pop – come da lui stesso ammesso nel film – era vastissimo e spaziava dal rock, al jazz e all’avanguardia. Non a caso in The Stooges è presente il lungo mantra ipnotico “We Will Fall” con ospite John Cale dei Velvet Underground mentre in Funhouse, il loro secondo classico, venne arruolato il sassofonista Steve Mackay. L’energia che sprigionavano gli Stooges era dirompente e influenzerà tutta una serie di generazioni successive di musicisti punk, new wave e noise-rock come, d’altra parte, viene documentato in Gimme Danger, in cui si vedono una serie di cover tributo di gruppi come Ramones, Sex Pistols, Damned e Sonic Youth.

Dopo il terzo disco Raw Power, registrato a Londra grazie all’interessamento di David Bowie, gli Stooges si scioglieranno dopo un epico concerto documentato dal mitico live Metallic Ko, praticamente il documento della fine di un’epoca. Jarmusch è molto bravo a illustrare i vari momenti della storia del gruppo con inserti animati azzeccati e divertenti o spezzoni di pellicole del tempo, relative ai personaggi menzionati da Iggy Pop nei suoi ‘frizzanti’ monologhi: il regista è un grandissimo fan degli Stooges e questo si capisce chiaramente.

Trattandosi di un tributo, tuttavia, forse sarebbe stato gradito qualche filmato d’epoca in più, magari preso dal loro ultimo concerto: di questo si vede solo qualche breve frammento in cui Iggy Pop si butta dal palco e poco altro come la reunion del 2007. “Gimme Danger” resta in ogni caso un documento imprescindibile – la firma di Jim Jarmusch del resto era una garanzia – che tutte le nuove generazioni dovrebbero guardare.

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