Dopo Permanent Vacation datato 1980, girato come tesi di laurea per la Graduate Film School di New York, Jim Jarmusch partorisce questo Stranger than Paradise nel 1984; la sua opera seconda. Il film può essere considerato come una sorta di consacrazione del regista a livello internazionale, che gli permette di superare i confini degli U.S.A, vincendo il Camerà d'òr, premio al miglior film d'esordio del Festival di Cannes dello stesso anno.

Ma veniamo alla pellicola, un pezzo di realismo, un viaggio in un mondo povero e fatto di espedienti, realizzato in tre atti che raggruppano tre storie vincolate dagli stessi personaggi: il primo "The New World" girato a New York narra di uno scommettitore, Willie (John Lurie, presenza costante nelle prime pellicole del regista e realizzatore delle musiche) dedito ad una vita di espedienti che vede l'ingresso nella sua vita di una cugina, Eva (bravissima Ezster Balint) proveniente dall'Ungheria che dopo dieci giorni dal suo arrivo deve ripartire per Cleveland. Questo primo atto è monocorde, ansioso, che si alimenta dal chiuso dell'appartamento di Willie.

Il secondo atto "One Year Later" si apre con Willie e il suo amico Eddie (Richard Edson) intenti a truffare tre uomini a poker. Con il loro guadagno, frutto anche delle scommesse sui cavalli,  Willie decide di partire alla volta di Cleveland per rendere visita alla cugina. Arrivato lì con il suo amico vi trascorre una vacanza. Lo sfondo di questo secondo atto è meno claustrofobico, Willie è cambiato caratterialmente, forse dopo la visita di un anno prima della cugina, sulla quale manifesta quasi una attrazione morbosa, ambientanto tra la casa della zia di Willie e le strade innevate di Cleveland, tra cinema e fast food, tra binari ferroviari e lago Erie.

Dopo qualche giorno decidono di ripartire e si apre anche il terzo atto "Paradise" dove i due sul viale del ritorno per New York decidono di tornare indietro, prendere la cugina e andare in Florida per trascorrere una vacanza. Questo terzo atto è disincantato, il sogno di Eva e dei suoi due compagni di viaggio si infrange contro la dura realtà delle cose; Willie e Eddie si riscoprono scommettitori e truffaldini, Eva si ritrova nella solitudine, nonostante sappia che c'è un legame tra lei e suo cugino. Il finale del film rimescola tutte le carte in tavola e divide i tre personaggi.

Uno squarcio di cupa vita vissuta, fatta di espedienti nel caso di Willie e del suo amico, di tradizionalismi (vedi la zia ungherese ma anche lo stesso Willie),di desiderio e di evasione. Il girato risulta pungente, claustrofobico, schietto, espressivo; sembra quasi che le ambientazione prendano vita dallo stato d'animo dei personaggi. Colpisce la straordinaria fotografia di Tom Dicillo (successivamente anche alla regia con Johnny Suede), che aveva già collaborato con Jarmusch in Permanent Vacation e che nel 2003 curerà anche la fotografia di Coffee and Cigarettes.

Film consigliato per la qualità artistica della pellicola, un piccolo gioiellino che brilla di luce propria e che racchiude un po' quella che sarà anche nei film successivi la poetica di questo meraviglioso regista americano.

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