Ah... se fossi un regista, vorrei fare un film su questo tema: un cantante molto in voga nei primi anni '60, interpretato da Massimo Boldi, ripercorre la sua vita di fronte ad un immaginario biografo.

Dai primi successi, all'affermazione internazionale, alla graduale scomparsa dalla scena, salve le comparsate in programmi televisivi ed una discreta attività di autore dietro le quinte. L'amicizia con un clan formato dai colleghi Gianni Meccia (interpretato da Joe Pesci), Riccardo del Turco (Claudio Santamaria) e Nico Fidenco (Elio De Capitani). La passione per il tennis che lo porta a frequentare i campi di mezzo mondo ed il jet set agonistico (ad esempio un Borg interpretato da Owen Wilson). La passione per le armi, l'acquisto di una mitraglietta che, per strani casi della vita, finisce nelle mani di una serie di terroristi che uccidono a destra e a sinistra nella confusa Italia di fine anni '70 - inizio anni '80. Un autunno artistico vissuto, senza scalpitare, a partire dalla seconda metà degli anni '90 ad oggi, alternato a rimpatriate in vari programmi televisivi domenicali. Sarebbe una specie di controstoria di un italiano, ed un bel modo per ricorrere, in maniera atipica, certi snodi fondamentali della cronaca più o meno recente, vista da un prospettiva non ordinaria e per certi aspetti poetica.

Su tutto, spalmerei una colonna sonora con i grandi successi di Jimmy Fontana, al secolo Enrico Sbriccioli (n. 1934), da "Il mondo" a "Non te ne andare" o "L'amore non è bello (se non è litigarello)", passando per brani scritti da altri, come "Che sarà" dei Ricchi & Poveri.

Anche Jimmy Fontana costituisce, seguendo le direttive della mia presenza su DeBaser, un cantante "minore", il cui stato di minorità appare direttamente proporzionale, a tutt'oggi, rispetto al tempo decorso dall'apice della carriera del Nostro, registrato appunto nei primi anni '60 e travolto, come ovvio, dall'avvento della beat generation e da quella che definiamo, usualmente, come modernità in musica.

Non che il marchigiano Jimmy fosse un cattivo cantante, sia mai, e men che meno un cattivo autore, visto che alcuni suoi pezzi non hanno perso né di impatto né di modernità, risultando ancor oggi evocativi - se non dei piccoli capolavori melodico poetici - come il già menzionato "Il mondo", anche grazie alle loro venature jazzy.

La sua figura, risultava, tuttavia, negli anni '60 come oggi, antiquata, sia nel modo di star sul palco che nel modo di cantare, costituendo, l'epitome di una certa canzone all'italia, la sublimazione dello stile anni ‘40-'50 che aveva visto in Gino Latilla o in Joe Sentieri, come pure nel primo Claudio Villa, i propri campioni.

Si tratta di uno stile già abbattuto dai primi urlatori (Mina, Celentano, Pavone, Dallara) e definitivamente affossato dalla rivoluzione rock, psichedelica, di fine anni '60. Era infatti una musica melodica che poco concedeva al ritmo sincopato delle prime Ludwig, come pure all'energico jingle jangle delle chitarre, narrandoci più del tempo che fu che dell'avvenire.

Stile a cui poco ha giovato il relativo successo della sanremese "Beguine" ('82), come pure il revivalismo di fine anni '80 con gli amici di sempre, ribattezzati "I superquattro", presenti nelle reti Fininvest negli anni del riflusso.

In questo è interessante notare come la vita di Fontana, anche nelle sue implicazioni più drammatiche, si intersechi simbolicamente con il degrado e la reazione delle utopie sessantottine, facendolo un curioso postumo in vita, involontario ed inconsapevole testimone dell'evoluzione dell'arte, della musica, della politica, dei gusti e delle mentalità giovanili.

In questa antologia trovate ovviamente il meglio di Fontana, potendo almeno immaginare il lungometraggio evocato dalle sue note, un passato che non tornerà, un idillio calpestato dalla storia e dalla vita.

Cinematograficamente Vostro,

Il_Paolo

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