Ante scriptum: questa non è una vera recensione, ma solo un esplosione di pensieri.

"Sometimes I think I’ve almost fooled myself"

Non possiamo vivere senza musica. Volenti o nolenti siamo tutti circondati da suoni. Per la strada. In macchina. Nei negozi. In discoteca. Ai concerti. Al supermarket. La musica ci avvolge e i suoni diventano embrioni di futuri ricordi.
Ognuno la vive a modo suo. C'è chi pensa che la musica sia solo un passatempo. Chi crede che possa arredare una stanza. Chi vive in essa la propria quotidiana catarsi. Tutti hanno un rapporto diverso con la musica. A volte superficiale, altre volte intimo e personalissimo. Io voglio appartenere a quest'ultima categoria di persone, perché in ciò che ascolto cerco l'emozione di vivere in tutte le sue sfaccettature: amore, dolore, rabbia, entusiasmo, gioia, tristezza...

Ieri notte cercavo una musica che mi toccasse il cuore. Ne avevo bisogno. Allora ho iniziato a scorrere con lo sguardo i miei cd, sia quelli disposti in fila come soldatini, che quelli sparpagliati in disordine un po' dappertutto.
Gli occhi si sono bloccati su Scar di Joe Henry.
Scar... cicatrice. Quale miglior metafora per il mio stato d'animo.
Ho inserito il cd nel lettore. Buio...

L'inizio del disco ("Richard Pryor Addresses A Tearful Nation") è un brivido lento. Una morbida ballata sviluppata fra batteria, basso, piano e chitarra. Dopo 3 minuti e 25 secondi fa il suo ingresso il sax di Ornette Coleman.
Accecanti evoluzioni di note che provocano una piacevole fitta al cuore.

Il disco è tutto un ondeggiare fra la luce e il buio. La voce di Joe Henry ricorda un Bob Dylan dimenticato. Brad Mehldau suona il piano in maniera sopraffina, mentre Marc Ribot ricama lo sfondo con l'eco della sua chitarra. Aleggiano spiriti ispiratori diversi: Tom Waits e Randy Newman. I suoni sono ben bilanciati, amalgamati e evocano un romanticismo mai becero.

Mi lascio avvolgere dalla musica. Il disco finisce. Mi sento svuotato da ogni pensiero. Non ho voglia di alzarmi per spegnere il lettore e non mi accorgo che il cd sta ancora girando e dopo un paio di minuti... ancora Ornette Coleman dal buio... improvvisamente.
Un'altra fitta al cuore.

Una ghost track che non avevo mai sentito. Un'altra emozione prima del silenzio.

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