Nel 1980 Bill Evans era ancora in tour, seppur in condizioni provate e psicologicamente ancora distrutto dal suicidio del caro fratello Harry (ultimo evento drammatico della sua storia familiare tormentatissima) avvenuto solo un anno prima. La sera dell’ultimo concerto egli era sdraiato su un qualche divano nel camerino, in terribile forma fisica generale; il rumore di alcuni tamburi, piatti e di qualche nota di contrabbasso scendevano dal palco sino al backstage. Amici ed organizzatori, seriamente preoccupati per la salute di Bill avrebbero a questo punto voluto fargli disdire il concerto, ma leggenda vuole che egli dicesse: “…ma non sentite? Là fuori sul palco ci sono due musicisti meravigliosi che mi stanno aspettando e DEVO andare a suonare, per loro e per il pubblico”. E salì per l’ ultima volta sullo stage.
Il contrabbassista era Marc Johnson ed il batterista era Joe LaBarbera. Le molteplici esperienze di vita on the road, l’esposizione a turni di incisione con artisti di grosso calibro, nonchè una sana educazione musicale alle sue spalle (Berklee) hanno fatto di Joe un musicista di grosso livello, interpretativo e compositivo. Nel disco in questione, edito nel 2003, troviamo un cast di assoluti top players della west coast Usa: Clay Jenkins alla tromba, Tom Warrington al contrabbasso Bob Sheppard ai sax , nonché Bill Cunliffe al piano. Va detto che questo gruppo di musicisti, bene o male te li ritrovi tutti l’uno nei dischi dell’altro. Ma ciò non è necessariamente un male, trattandosi di jazzisti poliedrici e preparati al cubo.
La musica del CD è intelligente, modernissima, piena di swing e di livello tecnico ragguardevole. Il fatto che sia edita da una piccola etichetta rende la scoperta di queste rare “gemme” ancor più piacevole: se sei un artista CBS o ECM puoi contare su una diffusione di vasta scala; con queste piccole case, in genere autogestite ed autoprodotte, spesso con scarsi mezzi, l’ unica via oltre alla distribuzione locale è E-Bay. Ed è così che spesso a due soldi si possono acquistare in rete opere sorprendenti come questa, che altrimenti non avresti neanche mai immaginato. In particolare parliamo di un pezzo di musica BELLISSIMO e suonato con gran cuore e tecnica, rifuggendo da luoghi comuni e infondendo molta personalità a ciascuna track.
1) Chick it out di Cunliffe parte in quarta con un bel flicorno in evidenza ed un fraseggio veloce che richiamano ritmi metropolitani. Soli a go go e ritmo nelle vene
2) Suite Sixteen di J. Abercrombie ci riporta sulla terra del jazz pensato, ragionato; quasi ECM ma con molto calore aggiunto. Il pianismo di Cunliffe merita un capitolo a parte che va riflettuto e distillato-goduto, in quanto Bill suona ed interpreta in maniera personale. Dopo l’esposizione è apprezzabile un notevole intervento di contrabbasso “declamante” (non trovo altri termini per definire uno strumento che parla in questa maniera). Cambi di mood, rallentamenti e sax soprano. 3) Automaton, ancora del pianista, è un brano sviluppato su un tempo incessante e calzante; con modulazioni e tono generale sospeso e a volte modale. Richiamo ai grandi quintetti classici a tratti ma senza concessioni al banale. Mai. Linguaggio debordante su confini dall’espressione Davisiana ultimi anni 60. Per oltre dieci minuti la tensione regge e ti incuriosisce.
4) For Gillian è una ballad composta da La Barbera: una delle più belle che ci siano al momento in giro. Eseguita con trasporto e un paio di carriole abbondanti di gusto. L’unico che non eccede un filo dalla misura è proprio Joe. Un sax assassino ti accoltella i lobi delle orecchie per poi farti finire secco sul divano col solo di Cunliffe: uno che ti fa frasi di 32 secondi continui (cronometrare per credere!). 5) Mark Time, di Kenny Wheeler, è un brano modern mainstream vario e ben congegnato adatto proprio per evidenziare le capacità tecniche di tutto il quintetto. Notevole. Per dare l’idea, è uno di quei brani che interrompono qualsiasi conversazione tu stia facendo per concentrare su di se tutte le tue attenzioni.
6) Contour di Kenny Drew (un altro musico che sarà bene degnare di attenzione recensoria) è il classico brano medio tempo pieno di energia e voglia di suonare jazz; l’atmosfera che si respira in questo disco (ed è sensazione che l’umile recensore non riesce a togliersi dalla testa ogni volta che ascolta ‘sto CD!) è quella tipica di Umbria Jazz: tu cammini attorno al palco e questi ti fanno arrivare una cascata di suoni stupendi che ti fanno girar la testa. Soli e note bellissime e centrate a profusione!
7) Bella Luce, dedicata a Conte Candoli è un altro tema di La Barbera, scelto per una dimensione assolutamente intima. L’ombra di Chet esce da dietro le quinte e l’interplay tra musicisti raggiunge livelli di pura telepatia empatica. Soli di tromba e piano. Nel disco, saggiamente, i soli si alternano ora l’uno ora l’altro; in un brano si e l’altro no; con un obiettivo chiaro: variare ed offrire qualità assoluta ma ben dosata.
8) S’ Matta ancora di Wheeler è il pezzo che chiude quello che per me è l’album più bello del mese, detto da un maniaco che consuma musica come fosse affetto da un disturbo ossessivo compulsivo ed incurabile! Un tema a media velocità che ricorda molto gli Oregon di quando vogliono suonare jazz nei canoni (e cacchio se lo sanno fare!) sia nel tema sia nello sviluppo.
Un disco imperdibile per chiunque ami il genere bebop dei tempi nostri e voglia scoprire al tempo musicisti non troppo noti in Europa, ma oggettivamente stupendi. 'Ben Sidran', un altro che andrà esaminato, è solito dire che “…in Usa there are more jazz players than windows” . Non saprei scegliere chi è “il migliore” tra i cinque! Nel frattempo ci godiamo le note e battiamo il tempo: Mark Time!!!
Carico i commenti... con calma