"Il mondo è pieno di persone scontente, perchè purtroppo nessuno è felice di quello che ha"

E' con questo recitato che si apre il primo lavoro dei "fratellini terribili" Joel ed Ethan Coen. Con questo primo lavoro del 1984 i Coen scelgono di dirigere un noir dalle tinte torbide, ambientato in un Texas i cui desolanti paesaggi, le onnipresenti mosche, i ventilatori in lento movimento sul soffitto non fanno che amplificare il senso di oppressione e angoscia della trama.

Tutto sembra partire con il più classico dei clichè del genere: Marty (Dan Hedaya), proprietario di un bar, è sposato con Abby (una giovane Frances McDormand futura mogli di Joel e musa di numerosi film del duo), che ha però una liaison con Rey (John Getz), dipendente di Marty. Quest'ultimo, uomo inetto ed estremamente ossessivo, venuto a conoscenza della relazione da un investigatore privato (Michael Emmet Walsh) ingaggia lo stesso uomo per eliminare la coppia. Da questo momento in poi i registi si divertiranno a complicare molto la storia, tra incomprensioni ed errori.

"Qui siamo in Texas ed ognuno pensa a se stesso" dice sempre la voce iniziale, ed è tremendamente vero dal momento che i personagggi sono chiusi in un'incomunicabilità quasi assoluta, tutti si ostinano a interpretare i fatti unicamente alla luce della propria logica, tralasciando il resto, nessuno di loro riesce a comprendere il corso degli eventi ed è solo lo spettatore ad avere una visione di insieme (ad eccezione dell'investigatore privato quando ormai per lui è troppo tardi). Uno dei temi più cari ai 2 registi è l'impossibilità delle persone di cambiare, di improvvisarsi altro senza combinare disastri, il che li rende inevitabilmente dei perdenti (tema che sottende quasi tutti i futuri film della coppia): l'investigatore che si improvvisa killer lo fa con superficialità, lasciando indizi ovunque e trascinando in una spirale di violenza senza senso se stesso e gli altri personaggi, completamente in balia del caos e degli eventi.

Il grottesco delle situazioni la fa da padrone al punto da farci pensare che i 2 fratellini possano averci preso tutti per i fondelli: dov'è la polizia in questa torbida storia piena di cadaveri? Perchè un barista dovrebbe portarsi una pala nel bagagliaio della macchina? Chi regalerebbe alla moglie per l'anniversario una pistola? Gli stereotipi tipici del genere vengono a capovolgersi, il marito-cattivo sembra quasi pentirsi, il killer non è poi così infallibile e si fa battere da una femme fatale poco fatale. La liberatoria risata finale dell'investigatore sembra quasi farci propendere per questa interpretazione.

Dal punto di vista stilistico i Coen lavorano a sottrazione: ridotti all'osso i dialoghi, quasi del tutto assente la musica (affidata ora e sempre in ogni altro film del duo a Carter Burnwell), a fare da sottofondo ci sono piuttosto il ronzare delle pale del ventilatore, il rimbombo di passi minacciosi o il graffiare metallico di una pala sull'asfalto, e dove la musica è presente è in opposizione alla tensione delle scene, come ad esempio nella sequenza in cui un cadavere viene seppellito sul  sottofondo di festosa canzone mariachi messicana. Già piena di lampi di classe la regia, eleganti carrellate si alternano a rapide inquadrature per mettere in risalto i dettagli più importanti della trama.

Ovviamente non tutto è perfetto, il ritmo è fin troppo lento in alcuni punti (anche gli attori sembrano muoversi al rallentatore, Rey in particolar modo sembra colpito da una profonda catalessi), ci sono alcune forzature nella trama, ma il film è un piccolo gioiello del cinema indipendente anni '80, e contiene in nuce molti elementi che saranno nuovamente ripresi dai 2 registi, sia sul piano tematico che ambientale, dalle lande desolate di "Non è un Paese per Vecchi" alle strade notturne, in cui compiere omicidi al buio, come avviene in "Fargo". Il primo film di Joel & Ethan trasuda pessimismo e assenze di speranze nel genere umano, ma in fondo chi se ne frega, è una partenza col piede giusto.

VOTO = 7 

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