Se me l'avessero detto allora, nel 1978, che un bel giorno andare in discoteca sarebbe stato proibito legalmente per contenere i contagi da pandemia COVID-19, avrei pensato ad uno scenario di fantascienza cosiddetta distopica . Ma mi è toccato in sorte di scampare così a lungo per assistere (stante in buone condizioni di salute e ora completamente vaccinato) anche a questo . La vita può essere anche beffarda e, data la corrente situazione, per curiosità ho chiesto recentemente a un caro amico detentore di una copia in dvd del film "La febbre del sabato sera" se cortesemente me la prestava giusto per farmi un'idea.

Devo premettere che, quando il film uscì sin Italia nel marzo 1978, tergiversai sull'eventualita' di andare al cinema a vedere la pellicola di John Badham. Questa mia diffidenza, insolita per un cinefilo come già ero allora, si spiegava con quanto mi fu riferito da un amico che, giusto per capire le ragioni del successo del film, era andato a vedere l'opera incriminata e non solo l'aveva trovato una pellicola modesta, ma era rimasto perplesso per le scene d'isteria da parte del pubblico femminile. "Manco si fosse trattato di un concerto dei redivivi Beatles! " erano state le sue testuali parole, forse esagerate ma verosimili dal momento che stava prendendo quota la moda del cosiddetto "travoltinismo", con tanto di tendenza a ringraziare il buon Dio poiché si arrivava ogni settimana al venerdì e quindi il week end sarebbe stato consacrato agli agognati quattro salti in discoteca .

Personalmente , ero sbigottito perché avevo compreso e giustificato la rabbia dei giovani punk inglesi verso l'establishment musicale e il mondo circostante manifestata nel 1977 e, a fronte di questa novità proveniente dagli States, mi chiedevo :" Cosa diavolo è questa nuova proposta musical cinematografica ?" E come se non bastasse, la colonna sonora del film era costituita soprattutto da brani dei Bee Gees, gruppo pop così insipido con quelle voci in falsetto da castrati omosex da farmi ricredere su chi fossero i peggiori musicisti in circolazione (allora pensavo che il titolo fosse un ex aequo fra i Cugini di Campagna e i Nuovi Angeli, ma al peggio non c'è limite e arrivava dall'estero.. ). Con questi dubbi scelsi di non vedere "La febbre del sabato sera", di snobbarlo.

Bene, passati tutti questi decenni e sbolliti certi furori giovanili, mi è venuta questa curiosità e ho voluto sincerarmi direttamente della natura dell'opera. Parto dal presupposto che la trama sia nota ai più e basta ricordare che il protagonista è un certo Tony Manero, di professione commesso in un negozio di vernici nella metropoli newyorchese. Un italo americano come molti altri, interpretato da un giovane John Travolta che ha tutta l'aria di essere ben calato nella parte, senza doversi particolarmente sforzare (e l'espressione del volto mi fa tanto pensare ad un pesce lesso, meno male che nel tempo le sue qualità recitative sono migliorate come si può notare in "Pulp fiction di Tarantino.) .

La vita di Tony Manero è veramente grigia e l'unica valvola di sfogo è costituita dalla passione del ballo, per il quale si lancia in piroette e virtuosismi durante le sere del fine settimana. Ovviamente in tutto questo c'è anche spazio per affari sentimentali con ragazze, rivalità fra bande giovanili, risse con esiti pure mortali, fino ad un epilogo di redenzione per Manero, finalmente edotto sulla futilità di certe condotte di vita e sulla necessità di comportarsi meglio (diversamente sfumerebbe la possibilità di avviare una relazione seria con la bella di turno .. )

Quindi un intreccio risaputo di amore travagliato fra giovani in competizione (qui il richiamo è ad un musical noto come "West side story" del 1961) che non aggiunge alcunché sul tema della grigia vita quotidiana in una metropoli moderna come New York . Incredibile ma vero, verrebbe da dire che personaggi come Tony Manero si sentano meglio di come sono non appena scendono in una pista da ballo. Ho sempre pensato (e lo penso tuttora) che, a fronte di una condizione di vita scadente, l'evasione fine a sé stessa non avrebbe risolto un bel niente. Tornando a casa non ci si sarebbe sentiti meglio. Ma provare a vivere in una realtà fine a sé stessa (come nell'ambiente della discoteca) divenne, alla fine degli anni 70, un ripiego di grande seguito. E "La febbre del sabato sera" ne fu la dimostrazione evidente perché un film per niente speciale (a meno di considerare John Travolta un ballerino così bravo da stare al livello di un Fred Astaire) innesto' a tutti gli effetti un fenomeno di costume non da poco . Uscito negli States nel dicembre 1977, giunse in Italia a marzo 1978 allorquando la lunga stagione della tensione portava all'affare Moro. In un'atmosfera così plumbea, il messaggio veicolato dal film sulle note del ritornello "You should be dancing yeah!" (maledetti Bee Gees..) funse da grande incentivo a ripiegare nel privato . Era così iniziata la stagione del riflusso, che vedeva il calo di tensione degli ideali politici (qualcosa di simile a quanto si viveva intanto negli States, con il disincanto seguito alla fine della guerra in Vietnam tanto avversata precedentemente soprattutto dai giovani yankees..). In questo implicito invito a lanciarsi nelle danze in discoteca c'era quindi un desiderio di tanti a gettarsi alle spalle un'era di impegno (e così facendo prevaleva una certa rassegnazione verso annose problematiche sociali di complessa soluzione).

Pertanto vedere oggi il film è solo un giusto ripasso di storia del costume nell'ultimo quarto del ventesimo secolo. Così molti di noi divennero da giovani impegnati a giovani disillusi. Un attore come John Travolta incontro'un grande successo di pubblico (specialmente femminile ) e di lì a poco, per eterogenesi dei fini, nel 1979 per le strade di New York un bel po' di persone esposero cartelli recanti il seguente slogan : "Disco sucks!" (ovvero l'inizio del rigetto di una bizzarra voga musicale per far posto a nuove tendenze targate new wave). Sic transit gloria mundi...

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Altre recensioni

Di  iside

 La vita di Tony Manero è semplice, si lavora tutta la settimana per poi folleggiare al Sabato sera.

 La Febbre del Sabato Sera è un film drammatico intervallato da canzoni che contribuiranno a togliere la patina gay alla disco music.