"Silenzio. Questo è il silenzio prima di qualcosa di unico, meraviglioso e splendido di cui si ha timore solo a parlarne (il primo esempio che mi viene in mente è la Nona di Beethoven), di cui si conosce la potenza sovraumana, celestiale e infernale al contempo, un brivido continuo, un tuffo tra i fondali oscuri dell' estasi da spezzare il cuore, da squarciarlo, da far credere, capire, vedere una lacrima di vita sopra il cielo tra le fiamme, la luce, ancora le fiamme, ancora la luce.

1. "Acknowledgment"

John, caro vecchio John, spirito umile nella tua grandezza infinita tra bagliori e le miserie dell' esistenza, TU, un sax, un piano, un contrabbasso, una batteria, un viaggio cosmico ai confini delle nostre anime, al loro limite massimo prima di un collasso ascetico. Un tuono. È così che comincia l' opera. Un tuono sopra tutto ciò detto sopra. Note, no, non note, parole, delle migliori, dal sax solenne sopra il nostro sguardo lì, incredulo, sorridente, estasiato di udire un po' di musica di Dio, un po' di quell'Amore Supremo che denuda le nostre paure, le nostre angosce, la nostra continua sete di ciò noi chiamiamo gioia e che altri chiamano piogge di felicità.

Poche note, due, tre, quattro note per toglierci le nostre macchie di viltà a cui siamo costretti inconsapevolmente. Liberi, poche note per sentirsi liberi. Il contrabbasso detta, canta il tema dell' opera ("a Love Supreme, a Love Supreme...") tra quell'orgia di sensazioni dell'intro tonante. Elvin, il buon vecchio Elvin, lascia libero il piatto dalla sua rullata, pochi secondi, poi il pezzo prende il volo. Elvin e John, due anime vicine, parte la danza. Il pezzo è tutto un ringraziamento danzante (“oh, Lord” sembra di sentire) verso quel Dio del mistero che ha salvato la vita al nostro musicista. La batteria incalza, poliritmica, geniale eppure libera come solo un grande batterista come Mr. Jones poteva essere.

È un pezzo ipnotico, da trance. Poche note di piano qua e là, il contrabbasso essenziale, il sax che esplora il mistero stesso dell' universo, tra pause, riflessioni, occhi chiusi gravi e dolorosi al sentire musica tanto intensa (ma sarà, musica?), impennate e urli di gioia da far cadere a terra per restarci, convulsi, danzanti, semplicemente coscienti dei millenni che ogni essere umano si porta dolorosamente sulle spalle. E poi ancora John canta, voce profonda, in preghiera, << a Love Supreme, a Love Supreme, a Love Supreme, a Love Supreme...>>. Il brano si acquieta, si ritorna al silenzio, il basso andante e solitario ci indica la via.

2. "Persuance"

Qualche istante di silenzio, e di nuovo il basso si rituffa nel limbo, di nuovo ci ributta in mezzo a questo splendore terribile. Qualche secondo e poi di nuovo, sembra venire da anni luce di distanza, un altro tuono colossale sgorga dal sax come il sangue di una ferita. L'andamento, la batteria, il piano, il basso, tutto qui è grave e avvolto da uno spirito sacro incredibile. Poche note di sax del tema e poi via, il piano prende il pezzo con sé. È un grande assolo di piano quello di McCoy Tyner, mano sinistra come sempre pesante che sembra quasi gareggiare con il contrabbasso, finale che si impenna, scala lenta in sequenza (scala dell' Inferno, del Paradiso? Nessuno può dirlo) e di nuovo via con il sax lento, spigoloso, ruvido come carta vetrata sulle nostre orecchie ma tanto melodioso da far, come in tutto il brano, piangere. Lo swing del brano si ferma. Rullata. Pausa di riflessione. Momento di raccoglimento.

3. "Resolution"

Ecco. Ora che abbiamo l' animo purificato dal nostro squallore, ebbe sì, è giunta la nostra ora, è giunto il momento di reagire, di agire per scappare verso la realtà trascendente presente in ogni uomo. Religioso e non. Comincia il pezzo. Non c'è nessun tuono come nei precedenti, no qui c'è Mr. Jones, lui, il suo assolo, il suo stile, la sua “batteria spontanea”, rigida, sinfonica, tribale, ogni batterista non può non apprezzare uno stile così unico e così completo, né ipertecnico in stile Joe Morello, né iperbolico tipo Buddy Rich. Gliene importa a qualcuno? No. Le pelli vibrano, ansimano, cantano la loro melodia. La cassa è fantastica. Quando ho detto che questa è una batteria sinfonica non stavo scherzando. Sentite i piatti! Sentite i tamburi! Sentite, sembra che respirino, che vivano, nelle nostre orecchie, nei nostri spiriti. Il volume sale vertiginosamente all' avvicinarsi del tema iniziale. Si è trasportati con tanta forza, in tanta potenza che, che... E' inutile, Elvin Jones, inchinatevi prego.

Finisce l' assolo, neanche un istante per riprendersi (certo che 'sti jazzisti sono proprio bastardi!) ed eccolo, LUI, il sax, John parte, vibra, sì vibra il cielo, vibra la stanza che non è più stanza, no, è un fuoco, si viene avvolti da fuochi psichedelici (se esiste qualcuno che ha inventato la psichedelia, ebbene, quello è John Coltrane), le ceneri della terra vengono spazzate via, le nostre ceneri vengono spazzate via. Poche note di tema lanciano il piano verso l' infinito. Sì, Tyner parte, fluttua, scale su e giù, su e giù, su e giù, il ritmo è veloce, dannato, sembra che tutti gli strumenti siano fuoritempo ma è solo colpa dei nostri spiriti da comuni mortali, non riusciamo a seguire un tempo così indiavolato. Poi eccola, la scala dell' Inferno di Persuance, ora velocissima mentre una meteora si scaglia sulla terra, ora è il SUO momento. Il sax prende con prepotenza il pezzo, il cuore si blocca morente alle sue prime terribili note.

E poi via, la cavalcata verso l' Immenso, semplicemente la più grande improvvisazione di tutti i secoli, avanti e avanti, fraseggi intervallati da pause, scale impossibili, velocissime, c'è anche Elvin che ci dà dentro come un demone, si supera, supera tutti, me, te, tutti. Ormai non si ha più coscienza del proprio corpo, ci si muove, si trema estasiati, occhi chiusi dolorosi, ci si lascia, esausti, trasportare attraverso l' universo, attraverso i secoli, attraverso vite su vite, attraverso LA vita, sempre più vicini alla propria anima, finalmente. John continua con la sua ricerca, sì, trova ciò che cerca, LO TROVA e fuoriesce in un urlo nel sax alto, altissimo, indefinibile con Elvin, anche lui stava cercando qualcosa sicuramente (il limite estremo della batteria? Probabile), che impazzisce letteralmente tra rulli piatti e il cielo solo sa cosa. E continua, continua, continua e nessuno riesce più a seguirlo, John si ritira, Elvin non ne vuole sapere di smetterla <> e così via <> e poi <<(tuono)>> e ancora <<(rullo)- CRASH!>>.

Ha finito, ha detto ciò che doveva dire. Diavolo come l' ha detto. Ora è il suo momento, tutto si placa, ora c' è lui, Jimmy, il suo contrabbasso, il suo assolo. È solo, solo con sé stesso, solo con le sue profondità viscerali. Il basso, la sua anima. Non c' è più ritmo ora, si prega in silenzio, si è persi, disperati, sembra di essere con Kerouac in qualche landa desolata, tutti, angeli di desolazione. C è il peso dell' esistenza nella voce profonda del contrabbasso, quasi spettrale, come sempre troppo, troppo. Si piange, sì, sto piangendo per l' ennesima volta. C' è anche lui, il tema eterno <> ovvero <>. L' assolo continua, sempre più nell' abisso, sempre più verso la luce.

4. "Psalm"

Non c' è tempo di capire che l' assolo è finito (si sente solo qualche passo di Jimmy che, lasciato lo strumento, se ne va), che ecco l' ennesimo tuono (già, non è assolutamente un disco per deboli di cuore), accordi sparsi di piano, timpani vigorosi, piatti che si aprono verso l' orizzonte, verso un sole che inesorabilmente tramonta. Questa è un salmo, questa una preghiera di sax (sul retro dell' album c' è riportata l' originale in versi), come al solito, dotata d' una bellezza terrificante, da far urlare, da far meditare sul tempo, sul senso di tutto, sulle reali possibilità della vita, sulla spiritualità nostra e dell' umanità intera. Lo strumento languisce, tra acuti, note gravi, tra pianti nella notte, tra le vie della sofferenza, tra l' ultimo bacio prima di salire sul patibolo. E poi il cielo si raccoglie nel richiamo, nella supplica continua <>, ciò verso cui ogni tutto tende e ritorna. Almeno secondo John.

Viene da dire, da gridare sempre <> ascoltando questo pezzo, tanto scava negli abissi dei nostri occhi, tanto ci trascina con forza e violenza nelle località più remote del nostro io. Sono sette minuti di angoscia, di paura, il contrabbasso è lontano, il piano è lontano, i timpani sono lontani e tutto ciò ci lascia da soli a tu per tu con John e il suo salmo e la sua, splendida, immensa anima. <>.

Ci avviamo verso il finale, il sax grida un acuto, poi un' altro, i timpani si fanno sempre più forti, poi un altro, tutto sta per finire, e poi, sbuca dalla cassa destra un altro sax, nessuno se l' aspettava (c' è chi sostiene che sia di Archie Shepp, ma in realtà è una sovraincisione dello stesso Coltrane), si perde ciò che resta del proprio io, rullo su piatti, il sax riprende le note di apertura dell' opera, si scopre la felicità, si capisce, SI CAPISCE, nulla è più come prima, ora tutto è diverso. Ora tutto è tutto più profondo. Ora, dopo l' abisso, tutto è luce.” (tratto da "A Love Supreme", John Coltrane, 1964, Impulse!)

Carico i commenti... con calma