Le orme, spesse e profonde, che confondo la neve di questo schifoso vialetto di una schifosa casa, sono di Svevo Bandini. Le ha lasciate con le sue scarpe risuolate con il cartone di una scatola di pasta. Se giri lo sguardo Bandini sta aspettando la primavera nel pollaio, distraendosi in lavoretti domestici da nulla. Il Colorado non è un buon posto per un muratore abruzzese. D’inverno, con la neve, non si costruisce nulla. Con la neve si aspetta primavera. Quella ai fornelli, un po’ suora un po’ tigre, intenta a preparare la colazione, è Maria Bandini. Ha il vestito che nasconde abilmente il sudicio, ricucito per sembrare alla moda. Il maglione appeso al muro è di Arturo Bandini. Ha quattordici anni ed è fidanzato con una ragazzina che non sa nulla di questo amore e che comunque lo odia. Ma un giorno, quando Arturo avrà battuto tutti i record di Joe Di Maggio, quando sarà il nuovo orgoglio degli italiani d’America, quando sarà il lanciatore dei Chicago Cubs, Rosa si arrenderà al suo amore, al suo cuore e al genio di Arturo. Per il momento nulla da fare: Arturo dorme nel letto con i due fratelli, farà tardi a scuola e dopo la quotidiana sgridata di Suor Cletus - quella con l’occhio di vetro che ogni tanto impazzisce - verrà deriso dai compagni di classe e dalla stessa Rosa che lo reputerà, ancora una volta, un semplice perdente. Ma un giorno, con l’arrivare della primavera, sarà il lanciatore dei Cubs e se ne vedranno delle belle.

La lettera che giace sul tavolo è di Donna Toscana, la madre di Maria. Informa la figlia che domenica sarà in casa sua per fargli visita, in quella orribile casa alla quale Svevo, con la sua inutilità, l’ha relegata. Questa è l’opinione di Donna Toscana. Ecco come andrà: Svevo sparirà per due giorni pur di evitare la vecchia; si sbronzerà come un animale giusto per non pensare che quella arpia sta in casa sua, col culo poggiato su una delle sue sedie. Si sbronzerà insieme a quell’altro muratore abruzzese... quello con il nome vietato, che ama i vestiti alla moda e le donne.

Si tira avanti, attorcigliati nel credito e nell’abilità di richiederlo sempre senza sentirselo negato - un talento tutto della famiglia Bandini -; legati a questo misero inverno e a questa agognata primavera che tarda ad arrivare. La storia è sempre la stessa, con le sue tangenti che ne interrompono la regolarità... una donna ricca; la morte di una ragazzina; cento dollari strappati; un pollo morto con una sassata; dei pugni; l’orgoglio italiano e della povertà che a volte fanno rima con dignità.

John Fante, per il suo secondo romanzo completo, dopo l’impubblicabile La strada per Los Angeles, rinuncia alla prima persona a favore di una terza persona presente, ma leggera, che talvolta scivola in Svevo e talvolta in Arturo. I due uomini di casa, diversi, ma vicini, sono gli stimoli, i demiurghi della storia con la loro tensione verso il futuro, con la voglia di riscatto o almeno di serenità.

Come lo stesso Fante, ormai morente, dettò alla moglie Joyce: <<Certe notti, a letto, una frase, un paragrafo o un personaggio di questa prima opera m’ipnotizza... di una cosa sono sicuro: tutta la gente della mia vita di scrittore, tutti i miei personaggi si ritrovano in questa mia prima opera. Di me non c’è più niente, solo il ricordo di vecchie camere da letto, e il ciabattare di mia madre verso la cucina.>>

John Fante - Aspetta Primavera, Bandini. 1938

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