Quello che entra in scena e nella tua vita come spalatore di fossi è Arturo Gabriel Bandini. Tempo ventitre righe e sarà diventato un lavapiatti, tempo qualche pagina e sarà diventato il più grande scrittore che abbia mai sputato su questa terra, ma solo dopo essere stato anche un maratoneta e aver viaggiato con Terry per i quattro angoli del pianeta... o Mary? Un nome qualsiasi. Arturo Gabriel Bandini megalomane egocentrico perennemente arrapato; irascibile come un chiwawa in calore; figlio e fratello di due monache baldracche accecate dal cristianesimo che continua a mantenere; figlio di un falegname morto; bugiardo; affamato lettore di Nietzsche e Spengler; diciottenne annoiato e pensieroso che se potesse cancellerebbe tutti da questa terra eccetto Jim, quello che ha una bella testa e che gli rifiuta sempre le mance, e la signorina Hopkins... quella con due belle cosce che lavora alla biblioteca.

Voltatevi. Quello che vedete solo, nell'ultima fila e all'estrema sinistra di questo vuoto cinema, è Arturo Gabriel Bandini. Le persone che gli sedevano accanto si sono spostate. Hanno cambiato posto, offese dalla puzza di sgombro morto che trasuda dalla sua pelle. Lavora come etichettatore in una fabbrica di pesce per conto di Shorty, uno che pure lui ha avuto una madre da qualche parte. Ora è la stagione degli sgombri, ma tempo qualche settimana e puzzerà di tonno. Tempo qualche mese e avrà scritto il più grande capolavoro che questo mondo ha avuto la possibilità di offendere. Sarà ricco, avrà gnocca a palate e vi lascerà tutti alla vostra vita del cazzo. La vostra vita, non la sua, che impiegherete per gratificare il più grande, il solo Arturo Gabriel Bandini.

La strada per Los Angeles fu scritto dal John Fante ventisettenne del 1936 e rimasse inopportuno per questo mondo fino al 1985, quando Fante, cieco e privo delle gambe per via del diabete, era già morto da due anni e non seppe cosa farne della relativa fama. Fu Bukowski ad imporsi con la casa editrice, per sdebitarsi con l'uomo al quale ha rubato la penna. Per cinquant'anni silenzio per John Fante, ma il sentore che non tutto si sarebbe concluso bene l'aveva fin dal principio. In fondo non è andata male per un figlio d'emigrante abruzzese, nato nel Colorado e scappato nel sud della California.

Questa storia di monotonia quotidiana, di ironica quotidiana desolazione, cavalca la strada di Arturo Gabriel Bandini - uno dei più grandi personaggi della letteratura americana -, alter-ego di John Fante - uno dei più grandi scrittori della letteratura americana del secolo scorso -, e giace irrisolta, svolazzando tra i venti di chi saprà coglierla. Tutto doverosamente in prima persona, mezzo necessario per gli scrittori da prateria e John Fante, prima ancora d'esser scrittore, è prateria.

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