Amato alla follia o criticato aspramente, "Mr. Happy Go Lucky" è un disco per il quale non esistono o sono concesse vie di mezzo. Eppure a distanza di anni dalla sua uscita, rimane un'opera che non può lasciare indifferenti. Pubblicato nell'autunno del 1996 da un John Mellencamp post infartuato, desideroso di rilanciare la propria carriera, questo album mostra un indirizzo musicale tutto nuovo. Il suo progetto musicale è infatti assai ambizioso è consiste nel fondere il suo stile rock e folk classico con i ritmi elettronici. Un progetto, sentendo il risultato finale, assolutamente riuscito, a tratti esaltante per la sua modernità, ma che lascia l'amaro in bocca sia alla critica che a una parte del suo pubblico.
Per far si che questo particolare crossover musicale si sviluppi e prenda la forma voluta, l'ex Cougar convoca in sala di registrazione Junior Vasquez, noto dj nel campo della dance music americana, affidandogli la co-produzione del disco, insieme al fido Mike Wanchic. Il risultato finale è, per il sottoscritto, ricco di fascino, moderno, carico di idee in grado di aprire nuovi orizzonti alla musica rock fondendo diversi stili e culture sonore in un melting pot intrigante e vibrante. Ciò non significa che "Mr. Happy Go Lucky" sia un disco sfacciatamente ballabile, scontato e che ammicca pericolosamente e in maniera ruffiana alle dance floor delle discoteche americane. Niente di più sbagliato. Anzi, quest'album offre un deciso scossone alle tradizionali teorie del rock e della ballata folk tradizionale unendole con dinamiche musicali nuove come l'uso dei loops e degli effetti presi in prestito dalla musica che si ascolta nei club dove si balla.
Questa unione, completamente nuova ed inaspettata per un artista tradizionale come Mellencamp, crea dal nulla un ibrido complesso, sperimentale e nero in cui il rock rimane sempre al centro della scena. Un'opera con una concettualità di base poiché ogni traccia è legata all'altra da un sottile filo invisibile che trasforma "Mr. Happy Go Lucky" in un tutt'uno particolare e sofisticato. Dall'iniziale "Overture", in cui in due minuti scarsi vengono presentati i vari movimenti musicali del disco fino alla chiusura con la realistica "Life Is Hard", nella quale una melodia dal beat accattivante si sposa perfettamente con un groove dance contagioso, le novità non mancano e neppure la grande musica. Novità come la spettacolare "Jerry", un pezzo costruito su un tessuto percussivo ossessivo frutto di centinaia di sovraincisioni in cui Andy York si lancia in un assolo di chitarra secco e tagliente. Novità come "The Full Catastrophe", una ballata urbana nella quale il violino di Mirian Sturm si sposa perfettamente con una serie di suoni campionati. Novità come la sorprendente "Emotional Love", un classico disco-soul composto per l'occasione dal bassista Toby Myers o come la grande "Mr. Bellows", un pezzo folk per il nuovo millennio dettato nuovamente da un Andy York in stato di grazia.
In altri momenti ritroviamo anche il John Mellencamp che ci è più familiare. "This May Not The End Of The World" e "Circling Around The Moon" sono tipiche ma la produzione di Vasquez le rende sotterranee, malsane e non prive di fascino mentre "Large World Turrning" e "Jackamo Road" appaiono meno elaborate e leggermente più modeste rispetto al resto del lavoro. Restano infine da citare i due singoli "Key West Intermezzo" e "Just Another Day". Si tratta di due pezzi magistrali, tra i migliori dell'intera produzione di Mellencamp, che non avrebbero affatto stonato su "Human Wheels". Due canzoni che appaiono mature e in cui i musicisti, primo fra tutti il grande Kenny Aronoff, suonano al meglio delle loro possibilità.
L'ascolto di "Mr. Happy Go Lucky", lo ripeto, non può lasciare indifferenti. Quest'album, sicuramente contradditorio per alcune sue scelte musicali in fase di arrangiamento, è l'ennesimo colpo vincente di un artista serio sempre in grado di restare al passo con i cambiamenti del tempo, pur mantenendo vivissime le tradizioni tipiche sia rock che folk. Ecco perché possiamo affermare senza il minimo dubbio che quest'opera è coraggiosa, esattamente come il suo autore.
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