Come potrà mai essere un Jovanotti in Smoking? E Salvatore Accardo con il violino elettrico di Laurie Anderson?
Be’ le cose a volte si mischiano in maniera imprevedibile ed in questo disco John rinuncia alla sua chitarra Ibanez signature, al suo esclusivo e riconoscibile timbro, tipico di tutte le sue incisioni, a metà tra pulito e saturo nonché ai “fast runs”, “licks & tricks” ed al classico repertorio del “jazz guitar-hero”.
Rinuncia in favore di una chitarra classica con fondo orchestrale ed arrangiamenti di gran classe, curati assieme al compare Steve Swallow che contribuisce grandemente alla palese riuscita di un’opera che avrebbe potuto costituire un salto nel buio se mal governata. Introduzione con
1) “After the fact”, che ci porta in un clima misto tra le spiagge di Bahia e “Birth of the cool”. “Strano ma vero”, come da Settimana Enigmistica regolamentare. Il basso di Swallow e la batteria di Bill Stewart con le percussioni di tal Duduka Da Fonseka supportano “a fianco”, mentre l’orchestra, che poi è solo una sezione fiati di sette elementi, contrappunta qua e là in base alle partiture stabilite. Assolo lirico e semplicemente godibile di Steve. Con
2) “Tulle” siamo direttamente solo a Bahia, senza “coolness” di sorta. La chitarra classica è resa bene ed in bella evidenza, ben identificabile. Il grosso problema di registrare un disco con una strumentazione così assortita è che in effetti una chitarra classica, in confronto al mostro globale costituito dalla sezione fiati e dalla ritmica, con due percussionisti, potrebbe andare persa nel mix o perlomeno perdere mordente (poca dinamica a disposizione).
3) “Away with words” rivela quanto (tanto) abbiano in comune Scofield e Metheny, non solo umanamente e come portavoce di una intera generazione di jazzisti contemporanei. Ad un certo punto entra un sax che più riconoscibile non si può (Wayne Shorter) e tutto resta appena sotto, con enorme rispetto per la conversazione delicata tra sax e chitarra. Ogni nota suonata da Shorter in questo solo va centellinata e rapportata al seguente solo di Scofield, che risponde come un dialogo tra vecchi amici sotto il portico. Riprende Shorter per un esempio di eleganza e buon gusto.
4) “Hold that thought” comporta un bel dialogo “call and response” tra chitarra ed orchestra, sempre entro i limiti di una dinamica che non stravolga l’atmosfera di quiete ed intimità a cui il lavoro tutto è improntato.
5) “Door 3” ci precipita sulla pista da ballo con un samba appena mosso ma molto caratterizzato dalla sequenza di accordi assolutamente inusuale nel genere. Intelligentissimo pezzo. Ancora un cammeo di Shorter, che fraseggia alla sua maniera, dapprima con uscite brevi e poi con un fraseggio franco ed aperto. Ripresa del tema della chitarra ed avvio verso l’uscita.
6) “Bedside manner” ci riporta un po’ alle composizioni di Oliver Nelson (a proposito: “The blues and the abstract truth”, “ Sound pieces…” ne vogliamo parlare ? Meglio: compriamoceli!) molto compassato ed in linea col resto del disco. Lavoro d’arrangiamento enorme.
7) “Rolf and the gang” è un pezzo più mosso e swingante; necessario nell’economia globale del disco. Swallow si produce in uno dei suoi assoli caratteristici, in cui suona il basso anch’egli quasi fosse una chitarra classica. Notare quanto Steve tenga alla sua personale cifra timbrica: il suono del suo basso è peculiarissimo e riconoscibile dopo tre note; solo un bassista sa quanto possa essere difficile trovare il proprio suono su uno strumento a torto considerato “semplice” .
8) “But for love” non toglie od aggiunge altro a quanto sopra detto: è un bellissimo brano pieno di pathos su un medio tempo. Altro intervento del mago Shorter.
9) “Away” chiude il lavoro con sommessa poesia. Ancora qui torna alla mente, inquietante e pesantissima, l’influenza di Pat Metheny, caro amico e collega di Scofield. Che comunque riplasma con le sue mani la materia sino a farti socchiudere gli occhi, sorridere o lacrimare a seconda di come ti senti stasera.
La musica viene prima di tutto, prima ancora di respirare. Di ciò, questo disco è una bella testimonianza. Comunque Accardo col violino elettrico ce lo vedrei benissimo e prima o poi Lorenzo Cherubini indosserà uno smoking; basta aspettare. Let’ s just stay “QUIET” !!!
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