Masada. L'ultima roccaforte della resistenza ebraica contro Roma, dopo che i Romani avevano raso al suolo Gerusalemme. Gli ultimi focolai della resistenza si riunirono nella città di Masada. E preferirono suicidarsi che cadere in mano al nemico. Così per lo meno racconta la leggenda.

Masada. Un canzoniere di circa 200 pezzi, senza contare il book 2, "The Book of The Angels", ancora in pubblicazione (siamo già arrivati al volume 4). Le prime uscite sono state non su Tzadik, ma su un etichetta giapponese, "DIW", che le rende di reperibilità un po' faticosa e un po' costosa (ma su e-bay e su Amazon ormai si trovano facilmente di seconda mano). Assolutamente ne vale la pena. Dieci dischi in totale, ciascuno intitolato con una lettera dell'alfabeto ebraico. In particolare i primi quattro, "Aleph", "Beit", "Gimel" e "Dalet" sembra che siano stati registrati tutti in solo due sessioni, il 20 febbraio e il 22 giugno 1994 ("Dalet" in realtà è una specie di singolo che contiene solo 3 brani). Virtuosismo incredibile e per niente fine a se stesso, questo è musica capace di addentarti le viscere.

Masada. Nella versione originale un quartetto, Zorn al sax, Dave Douglas alla tromba, Greg Cohen al contrabbasso, Joey Baron alle percussioni. In realtà neanche molto sperimentale, piacerà a chiunque è abituato ascoltare jazz, c'è ben poco dell'avanguardia qua. Ci sono le suggestioni del Klezmer e della musica ebraica, fuse con il blues e pure con un po' di free, in realtà neanche troppo.

Da dove iniziare l'esplorazione di questo vero e proprio genere? Un buon punto d'inizio secondo me è appunto il Volume 3 della serie originale, "Gimel". Contiene un sacco di pezzi molti dei quali praticamente easy-listening che sono un piacere dal primo ascolto. Probabilmente comunque vi appassionerete e farete man bassa di tutta la serie come sta facendo il sottoscritto. Perché senza scherzi Masada è probabilmente la cosa più bella che è successa al jazz dagli anni '90 ai giorni nostri.

Ben quattro pezzi, "Abidan", "Karaim", "Sheloshim", "Tannaim" sono riproposti in "Bar Kokhba"; "Hazor" invece lo ritroverete in "The Circle Maker". E' divertente in effetti confrontare le due versioni, quella per quartetto di "Gimel" e quella per orchestra nei due lavori sopra citati.

La cosa in fondo divertente è che i temi li puoi praticamente fischiettare, nonostante nel disco ci siano arrangiamenti pazzeschi. Troppo spesso la musica troppo elaborata ha il problema di non essere spontanea, ma non preoccupatevi non è affatto il caso qua. Troverete echi e contaminazioni di tutti i generi, ma tutto è fuso in maniera che sembra naturale, non c'è una sfumatura fuori posto.

Tanta gente è insospettita dal fatto che ci sono un sacco di uscite Masada e quindi parte dal presupposto che non puo' essere roba di qualità. In realtà pure io mi stupisco, manco Miles Davis ai tempi d'oro aveva questa produttività.

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