Strano modo di ripresentarsi, quello degli Jokifocu. A 5 anni di distanza da "Rapideffusioni" (Urtovox), disco parecchio naif che aveva sollevato entusiasmi forse eccessivi (migliore band dell'anno per Rocksound assieme a One Dimensional Man, Bugo e Jennifer Gentle) si rifanno vivi con questo "Nuvole di passaggio" che, devo essere sincero, al primo ascolto mi ha lasciato parecchio perplesso. Sparito l'atteggiamento sbarazzino dell'esordio, fatto di coretti surf, di low-fi parecchio low, di assoli sbilenchi e testi bislacchi mi ritrovo con 10 canzoni ben confezionate, ben suonate e ben cantate. Come miliardi di altri dischi. Che tristezza! Ero pronto a sistemarlo in bella vista accanto ai dischi di chi in Italia sta cercando di seguire strade lontane dai clichè rock più abusati (Bugo o Marta sui Tubi, ad esempio) ed invece i tre suonano prudenti ed attenti a non pestare i piedi a nessuno. Rimango perplesso per giorni (a me piace farmi pestare i piedi) ma stranamente esito nel cancellarli dal mio lettore. Forse è il genere di disco che nasconde la sorpresa, mi dico. Essere testardi è utile. Serve a non buttare via i dischi. Io quello degli Joki me lo tengo stretto. Innanzitutto mai sentito qualcuno che inizia un disco urlando qualcosa che ha a che fare con le consolazioni dell'onanismo. "Ordinario" è ironica e pacata riflessione sulla propria disperazione, tema particolarmente caro ad ogni rocker che si rispetti e qui trattato con il ghigno che manca a tromboni del calibro di Baustelle, Luci della Centrale Elettrica o Afterhours tanto per non fare nomi. Ed è un ghigno che percorre tutto il disco, anche quando il tono è nostalgico (il rock ruspante de "I cani del deserto"), disilluso (la violenta "Arancini e aranceti"), rilassato (come nello strumentale "Alphacentauri", dove fanno il verso a certo surf spaziale tipo astrouomini). E ancora: la rabbia metallica e sincopata di "Una carie nel cuore", le svenevolezze beat di "Happy days", l'esplosione di fiati che conclude "Afa", un pezzo a mio parere sopraffino (di evidente matrice Pavement). Fino alla dolcezza elettronica di "Quando dormi", musicata dal compagno di scuderia Q.
In conclusione: ci sono i fiati, ci sono gli archi, c'è l'elettronica alla moda e le voci sono questa volta intonate. I cialtroni sono cresciuti e 5 anni sono rughe in più sui loro strumenti. Sembra che nel frattempo abbiano anche imparato a suonare, cosa non necessariamente desiderabile per un gruppo che non nasconde la nostalgia per la bassa fedeltà. Eppure in qualche modo sono sempre magnificamente loro, testardi nella loro idea di un rock inafferrabile che è cresciuto ingurgitando e risputando ciò che di meglio la musica americana ci ha dato in questi ultimi due decenni.
Elenco e tracce
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