Nel presentare questa opera mi incammino su di un percorso che è evidentemente irto di difficoltà e che potrebbe essere inevitabile terreno di scontro nella discussione che potrebbe seguire. Parliamo del resto di qualche cosa che abbia a che fare con un tema di attualità e che ha scatenato già divisioni non solo in Spagna ma anche nel nostro paese.

Mi riferisco chiaramente ai fatti che hanno seguito il referendum in Catalogna del primo ottobre fino alla cronaca di queste ultime giornate.

La premessa è d'obbligo: personalmente sono contrario a spinte e rivendicazioni indipendentiste come quella della Catalogna.

A parte il considerare un certo anacronismo in qualche cosa di questo tipo, secondo quella che è la mia visione politica mi considero quello che si potrebbe definire come un 'internazionalista' e come tale sono per unire e non per dividere. Secondariamente con tutti i suoi difetti, continuo a pensare che l'Europa unita costituisca in questo momento per quanto e proprio perché un progetto incompiuto la via da praticare e in una maniera più decisa. Più decisa che quella attuale e anche affinché non si verifichino situazioni assurde come quelle che in questi giorni toccano la Catalogna. Una vicenda che sicuramente riguarda dal di dentro la Spagna ma che riguarda l'intera l'Unione Europea e cui le strutture si sono fatte trovare impreparate di fronte a questi eventi dopo peraltro avere già subito de facto il risultato referendario del Regno Unito dello scorso 23 giugno e che ha dato il via all'inizio dei negoziati.

Fino a che punto le spinte indipendentiste degli abitanti (o meglio: di una parte degli abitanti) di una regione si può considerare legittimo che determinino la creazione di uno Stato e peraltro senza che questo avvenga con il riconoscimento formale, che possiamo considerare una specie di condivisione democratica, da parte della comunità internazionale. Oltre che dello stesso Stato di cui questo faceva e continuare a fare parte. Come possiamo distinguere questo da quello che può essere a tutti gli effetti un golpe. Fino a che punto un referendum si può considerare un sistema veramente democratico e decisivo su determinate questioni.

Ricordo che a tale proposito, per ragioni politiche oppure perché di fatto contrarie alle modifiche sull'attuale regolamentazione dei referendum nel nostro paese, esattamente un anno fa è caduto il Governo Renzi che proponeva all'interno di una serie di riforme costituzionali anche una revisione del sistema referendario.

Vale la pena nel merito di ricordare che la nostra disciplina normativa prevede quattro tipologie di referendum: 1. Quello abrogativo di leggi e atti aventi forza di legge; 2. Quello relativo leggi costituzionali e di revisione costituzionale; 3. Quello riguardante la fusione di regioni esistenti o la creazione di nuove regioni; 4. Quello riguardante il passaggio da una regione a un'altra di province o comuni.

Naturalmente la Spagna, per quanto sia un paese mediterraneo e geograficamente molto vicino all'Italia, ha una cultura e una storia che sono profondamente differenti dalla nostra e che costituiscono forse una realtà unica nel mondo occidentale. Che forse ha una specie di parallelo solo con il Portogallo, anche se nel caso dei lusitani si può parlare di una maggiore univocità in quella che fu la 'rivoluzione dei garofani' del 24 aprile 1974: una reazione all'autoritarismo e la dittatura militare di Marcelo Caetano che si configurò come un colpo di stato militare appoggiato dalla popolazione e che fu in qualche maniera esangue. In questo caso la 'partita' fu molto probabilmente sul piano internazionale anche una conseguenza di quella che fu la partita giocata a livello coloniale dal Portogallo negli anni precedenti...

La storia della Spagna è diversa.

Francisco Franco fu 'caudillo de Espana' dal primo ottobre 1936 al 20 novembre 1975. Egli fu principalmente nazionalista e anticomunista e fu proprio questa probabilmente la ragione principale che poi portò alla nascita e lo sviluppo di movimenti di opposizione molto forti a livello locale invece che a livello nazionale.

Va detto che durante gli anni della dittatura, probabilmente in una maniera anche pilotata dall'alto, per ostacolare l'insorgere di un movimento nazionale di resistenza e che come tale avrebbe potuto veramente opporsi al franchismo (parliamo degli anni della guerra fredda, quando oramai gli intellettuali di sinistra e gli avventurieri di destra avevano smesso di interessarsi alla questone) sì sono rafforzati in tutto il paese movimenti a livello locale e che dopo la fine della dittatura non hanno smesso di continuare a radicarsi nella popolazione e specialmente (guarda caso) nelle due regioni storicamente più ricche del paese: i Paesi Baschi e la catalogna.

Al decesso di Francisco Franco, il re Juan Carlos, divenuto capo di stato, dovette di fatto cedere a queste spinte autonomiste concedendo loro una organizzazione interna basata sulle comunità autonome.

Adesso la questione relativa i Paesi Baschi ha tenuto banco per anni a causa delle iniziative dell'ETA, il gruppo terroristico indipendentista basco e che praticamente fino all'inizio del nuovo millennio è stato abbastanza attivo (così come fu molto attivo il partito politico di riferimento, Batasuna, sciolto de facto da un provvedimento giudiziario). Possiamo considerare la riduzione dell'attività come anche dovuta a una maggiore attenzione in generale nei confronti del terrorismo dopo i fatti dell'undici settembre 2001 o anche come una questione di carattere storico e che magari segue anche la fine dell'esperienza dell'IRA in Irlanda del Nord.

La storia della Catalogna invece non è mai stata così sanguinolenta e politicamente considerata. Idealmente in Italia si ha una visione del movimento indipendentista della Catalogna come identificativo di qualche cosa che abbia s che fare con socialismo e libertà ma la verità è che si tratta oltre che di folklore (e io odio tutto ciò che è folklore e tradizionalismo) anche di questioni che hanno principalmente a che fare con interessi di natura economica e un certo atteggiamento nei confronti degli abitanti di regioni più povere come ad esempio l'Andalusia, che possono benissimo ricordare alcune dichiarazioni e atteggiamenti tipici degli appartenenti storici al partito della Lega Nord.

L'opera nella fotografia costituisce secondo me qualche cosa di simbolicamente emblematico nel descrivere la storia di questo paese negli ultimi trenta-quaranta anni e quello che culturalmente si sta verificando in questo momento specifico in Spagna e più specificamente in Catalogna.

Realizzata dall'artista Josep Viladomat la scultura in bronzo rappresenta una figura del caudillo Francisco Franco a cavallo senza testa.

Per la verità la scultura (che risale al 1963) inizialmente ce l'aveva una testa, ma questa pare che sia stata 'mozzata' proprio nei giorni precedenti l'esposizione e poi la statua esposta comunque pubblicamente nonostante l'incidente accaduto...

La scultura fu esposta l'anno scorso a Barcellona nella piazza antistante il mercato del Born, un antico mercato rionale nel quartiere de La Ribera nel centro della città e dove oggi ha sede anche un importante giacimento archeologico e nell'ambito di una esposizione più ampia denominata 'Franco, Victòria, República. Impunitat i espai urbà'.

Per quanto l'iniziativa non fosse affatto una manifestazione volta a celebrare il franchismo e anzi voluta da una giunta diciamo di sinistra, la sindaca Ada Colau è infatti stata eletta con una coalizione elettorale comprendente tra gli altri i verdi, Sinistra Unita e Podemos, questa è stata in maniera veemente osteggiata dalla popolazione della città.

La protesta così accesa e diciamo determinata nelle sue forme, fino allo sfascio totale dell'opera in sé, se vogliamo, è emblematica di un certo disagio e di una certa turbolenza di una città che del resto mentre da una parte sì professa come la città delle libertà e dove tutto è possibile e dove puoi avere a portata di mano tutto quello che vuoi: droghe, alcol, divertimenti, fica; dall'altro lato è la stessa città dove gli abitanti scendono in strada a manifestare contro la 'movida' e contro l'eccessiva affluenza di turisti. Va detto che questi sono meccanismi che conosco relativamente bene e a prescindere dal fatto io sia stato più volte a Barcellona nel corso degli ultimi anni, ma perché mi toccano da vicino perché in maniera parodistica e altrettanto sguaiata (se non peggio) gli stessi fatti si verificano anche nella città dove vivo, cioè Napoli, che si pretende somigli a Barcellona, ma che secondo me di spagnolo c'ha solo qualche espressione dialettale e il quartiere in cui abito, un dedalo di vicoletti sconnessi e palazzine cadenti costruite una sopra l'altro in una architettura che sembra effettivamente essere stata tirata fuori da un'opera di Pablo Picasso.

Come giudicare quindi l'abbattimento della statua in questione? C'è un collegamento con la spinta indipendesta della Catalogna e la sua esplosione in questi ultimi mesi?

Ho provato a pensare come avremmo reagito noi italiani davanti a un'opera esposta in pubblico e che rappresentasse Mussolini senza testa oppure - ancora meglio - appeso a testa in giù. Sì, lo so che sti futuristi sono sempre tutti quanti un poco fascisti ma comunque se li inviti a mozzare una testa o ad appendere un morto a testa in giù sono sicuro che gli va bene lo stesso, quindi...

Io comunque penso che l'opinione pubblica avrebbe reagito con generale disinteresse. Personalmente posso dire che avrei trovato in ogni caso la cosa di cattivo gusto dato il soggetto rappresentato, ma non credo proprio che mi sarei scandalizzato oppure indignato. Probabilmente al limite si sarebbe levata la voce di qualche vecchio giovane fascista indignato. Questo sì. Ma sarebbe stata una minoranza e al limite ne sarebbe nato uno scambio di battute appunto... folkloristico.

Ma in Spagna il ricordo di Franco è evidentemente molto più recente e vivo nell'immaginario degli abitanti; inoltre evidentemente la popolazione giovanile spagnola sta vivendo solo ora quella fase di ribellione che si ritiene abbia caratterizzato il mondo occidentale tra gli anni sessanta e gli anni settanta e che ora però non trova e non può trovare nessuno sbocco ideologico a sinistra se non in un film di Sabina Guzzanti e si può solo rivolgere a se stessa e quindi a fenomeni di carattere localista.

Da questo punto di vista mi riesce difficile giudicare il linciaggio sia mediatico che propriamente 'fisico' all'opera rappresentate. È indubbio certo che questa cosa abbia fatto più pubblicità e clamore che altrimenti e che se consideriamo che l'opera costituiva di per sé comunque qualche cosa di provocatorio, allora forse in questo senso ha ottenuto la reazione e lo scopo che si pretendeva di ottenere.

Il resto sono la Spagna e la Catalogna oggi.

Parliamo paradossalmente di uno degli Stati (la Spagna) che ha conosciuto una propria unità nazionale molto prima dell'età moderna, ma che è sempre stato gestito e governato in una maniera probabilmente poco illuminata per non dire 'naif'. Andando indietro nella storia come non dimenticare il dispendio di risorse economiche sotto il Regno di Filippo II, il regno più esteso che la storia del mondo possa ricordare e che ereditò già una situazione economica deficitaria da Carlo V e che degenerò nel corso del suo regno, tanto che dovette dichiarare fallimenti per tre volte e anche in questo caso per colpa delle pressioni delle diverse autorità regionali e delle amministrazioni coloniali.

Tutte queste partite sono evidentemente ancora irrisolte in un paese che come tutti sta pagando le incertezze dei vertici della Unione Europea e le spinte nazionaliste che qui si sono tradotte in una esplosione del movimento indipendentista della Catalogna più che in ogni altro modo.

Attualmente rifugiato in Belgio un paese dove i partiti nazionalisti sono particolarmente rappresentati in parlamento e a livello locale, con quattro dei suoi ex ministri del governo regionale, Carles Puidgdemont, presidente della Catalogna e principale ispiratore del referendum sull'indipendenza, ha sulla sua testa una accusa di ribellione, sedizione e abuso di fondi e un mandato d'arresto europeo emesso dalle autorità spagnole.

Del resto manca una precisazione fondamentale: in Spagna è vietato secondo legge costituzionale il voto referendario a favore della indipendenza di una regione. Cosa che ha comportato automaticamente l'annullamento del risultato referendario e il cui conseguente procedimento indipendentista è stato sospeso e conseguentemente annullato dal tribunale costituzionale spagnolo.

De facto il referendum dello scorso primo ottobre, aveva votato il 57% degli aventi diritto e il 'Sì' aveva vinto con la percentuale bulgara del 92%, è annullato. La partita tuttavia resta apparentemente ancora aperta.

Carles Puidgemont ha ottenuto la libertà vigilata e in tempo novanta giorni il Tribunale deciderà sul mandato di cattura europeo. Nel frattempo annuncia dal Belgio di volersi candidare in ogni caso alle elezioni regionali in Catalogna del 21 dicembre. Il suo partito lo ha ovviamente proposto come leader della futura lista e nella quale figurerebbero tutti i prigionieri politici. Quale migliore 'caudillo' del resto per un paese che evidentemente fatica a distaccarsi dalla sua storia passata.

La statua del generalissimo oggi è esposta nel Museo de la Historia de Barcelona.

Continua a non avere la testa e probabilmente a questo punto va bene così.

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