Come scrivevo nella recensione di "Tre piani" è illusorio pensare di rinchiudersi nel proprio domicilio e di rimanere impermeabili a tutto ciò che succede all'esterno, nel mondo . Prima o poi quanto cacciato dalla porta, rientrerà dalla finestra e non ci sarà scampo . Proprio per averne una conferma ieri sera mi sono rivisto, dopo aver rovistato nella mia collezione di dvd, un titolo molto significativo sul tema come "Mr. Klein" diretto da Joseph Losey nel 1976.

Sia il film, sia il regista sono da troppo tempo ingiustamente relegati nel dimenticatoio. Eppure Losey, nella sua lunga carriera terminata nel 1984, ci ha regalato opere acute sulle ipocrisie ed ingiustizie della società moderna. "Mr. Klein" rientra in questo discorso filosofico e politico svolto coerentemente dal regista americano che, quando negli anni 50 in USA imperversava la linea anticomunista del senatore McCarthy, opto' per trasferirsi in Gran Bretagna.

La vicenda ha per protagonista Robert Klein (interpretato da Alain Delon) che, nella Parigi occupata dai nazisti nel 1942 con l'avvallo del regime collaborazionista di Vichy, a tutto pensa fuorché alla guerra in corso. Anzi, colleziona e rivende a prezzo maggiorato opere d'arte che ricchi ebrei vendono nell'illusione di potersi salvare da una prevedibile tragica fine . È quindi un bieco e ricco speculatore (o "pescecane" come si definivano le persone del suo rango).

Tutto sembra andargli bene senonché un bel giorno trova nella casella postale una copia di un opuscolo clandestino a firma di un'organizzazione ebraica. Pensando di fare cosa giusta e chiarificatrice, si reca al commissariato di polizia per denunciare l'increscioso errore dal momento che appartiene ad una famiglia borghese alsaziana di pura razza ariana . Ma così facendo, proprio per una classica eterogenesi dei fini, avvia una serie di guai che gli costeranno cari . In effetti un altro Klein, lui sì ebreo, esiste ed è ricercato ovviamente dalla polizia , ma riesce a depistare le indagini e comunque è anche sospettato di far parte della resistenza . Questo doppio, che non vedremo in azione, complichera' inevitabilmente l'esistenza del Klein ariano, pur avendo questi facoltà di dimostrare di non avere a che fare con l'omonimo ebreo. Inutile dire che, per tutta una serie di circostanze sfortunate, entrambi finiranno nella tristemente nota retata del Velodrome d'hiver a Parigi nel luglio 1942, con destinazione Auschwitz.

Un finale decisamente tragico per un film ricco di pregi. Intanto, il regista non ci rammenta solo uno dei momenti salienti nell'Olocausto patito dagli ebrei durante la seconda guerra mondiale. Qui soprattutto ci mostra cosa significhi realmente vivere una situazione kafkiana. L'individuo, per quanto sia ben posizionato socialmente, resta comunque indifeso di fronte a qualsiasi Potere (proprio scritto con l'iniziale maiuscola) che finisce con l'annientarlo. Ha un bello da dire e proclamarsi innocente : chi ha di fronte è solo una stolida burocrazia autoreferenziale, braccio esecutivo del Potere, che procede spedita senza fermarsi. Di esempi ce ne possono essere diversi e già si è letto, in passato, di persone che hanno dovuto esibire certificati di esistenza in vita di fronte a burocrati che asserivano, dati alla mano, essere deceduto il cittadino vivo e vegeto di fronte a loro. Paradossale ma ahimè vero .

A ciò si aggiunga che i protagonisti nel film sono appunto i due Klein, solo che il secondo è un personaggio la cui assenza lo rende incombente e questa condizione aggiunge suspense alla trama. Tutta l'opera ha un ritmo incalzante e diviene sempre più chiaro che per Klein non vi sarà scampo. La sua sorte è quindi segnata e, per quanto si tratti di uno speculatore, lo spettatore finisce con il provare un crescente senso di angoscia, claustrofobia di fronte alla sventura del protagonista. Certo, non suscita empatia Klein ma sicuramente vediamo quanto la vita possa essere imprevedibile tanto da farci trovare, proprio dietro l'angolo, un gigantesco trappolone ineludibile.

C'è pure da notare, infine , l'intensa recitazione di Alain Delon. So che ha recitato, nella sua lunga carriera, anche per grandi autori come Visconti, Antonioni, Zurlini, oltre ad apparire in film più commerciali. Però qui semplicemente si supera e ci propone un personaggio non solo avido e privo di scrupoli, ma anche umanamente impotente allorquando, per quanti tentativi esperiti per salvarsi, deve soccombere di fronte ad un destino cinico e baro . Ad ennesima dimostrazione che è illusorio rimanere indenni quando tutto intorno il mondo brucia.

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