Una ragazza appena ventenne, una chitarra, una storia da raccontare; questo “Sprained Ankle” si presenta all'ascoltatore con tutta l'esile scarnezza suggerita dalla sua copertina. Julien Baker, classe '95, ci guarda con un sorriso malinconico che stende quasi una dichiarazione di intenti: questo album è la sua adolescenza, raccontata in 30 minuti scarsi con appena 9 canzoni a sua disposizione.

Per farlo la giovane cantautrice di Memphis fa uso di una sincerità spiazzante ma soprattutto di una grande sensibilità lirica.

I testi di questo album sono infatti una piccola meraviglia, soprattutto se provenienti dal pugno di una persona così giovane, e consiglio a chi leggerà questa recensione di recuperarli per poter apprezzare appieno il potenziale di questo disco d'esordio.

Fin dalla traccia di apertura, “Blacktop”, ci è chiara la cifra stilistica; la canzone ingrana lentamente, fra arpeggi di chitarra basilari e la storia di un incidente d'auto che ha coinvolto la cantautrice, quasi sospesa in un mondo parallelo, nel quale una trasfusione di sangue è paragonata alla comunione cristiana.

A saline communion that I've held like a sèance.”

È proprio la sensazione di essere trasportati in un altro mondo quella che, traccia dopo traccia, questo disco restituisce all'ascoltatore.

Ciò che colpisce maggiormente è la grande maturità con la quale vengono affrontate le tematiche delle quali sono intrise le tracce di quest'album. La morte di amici, la dipendenza da droghe sono confessate all'ascoltatore con un grandissimo talento di scrittura, ricorrendo spesso ad allegorie religiose (la Baker cita non a caso i mewithoutYou come sua band preferita.)

All of my friends live in a plastic bag,

walking around, jumping the traintracks,

over the fence, veins all black”

Il disco, c'è da dirlo, scorre fin troppo in fretta. Superata una manciata di ottime tracce e forse un paio di episodi minori, troviamo quella che è senza dubbio la canzone migliore del disco: “Vessels”.

Sopra eleganti ricamature di chitarra quasi post-rock, che costruiscono un incedere lento e suggestivo, la cantante stende il suo monologo più intimo, quasi una preghiera.

Tell me in thin paper about your love.”

“Sprained Ankle”, come qualsiasi disco d'esordio, non è certo privo di difetti. Una certa ripetitività, soprattutto nella sua parte centrale, di strutture musicali, non compromette però a mio avviso l'ascolto complessivo.

Le influenze citate dalla Baker (Death Cab For Cutie, Elliot Smith) sono presenti e riscontrabili, e non fanno che aumentare il valore delle tracce.

Queste sono legate tra loro da diversi fattori comuni: i già citati testi, la vocalità dolce ma sempre sincera della cantante che ben li veicola e una chitarra che fa ampio utilizzo di loop e riverberi (consiglio in merito di recuperare qualche esibizione dal vivo)

La recensione presenta una lunghezza eccessiva, ne sono consapevole, ma spero che questo non scoraggi gli eventuali lettori all'ascolto di questo bellissimo disco.

Tracce preferite:

“Blacktop” “Vessels” “Go Home”

Tracce (meno) preferite:

“Everybody does”

Voto:4/5

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