"Nel mio corpo ci son delle fognature/tutti quanti le chiamano vene/ma dentro ci sono dei topi che corrono": con queste parole esordisce, nel 1974, un inquieto musicista milanese, Juri Camisasca, scoperto da Franco Battiato, che gli produce - magistralmente - quest'opera prima, oggi quasi introvabile, "La finestra dentro", un disco singolare di difficile classificazione, più vicino al prog che alla canzone d'autore, sconvolgente e disturbante dalla prima all'ultima nota.

I testi di Camisasca, crudi e visionari, esprimono un forte disagio esistenziale, e sono spesso esasperati da interpretazioni allucinate, come nell'iniziale "Galantuomo", dissonante e ossessiva, in cui il protagonista, tormentato dalle proprie negatività (i topi), cerca rifugio nell'autodistruzione.

Il tema è ripreso, con toni più pacati, nella soave parentesi di "Ho un grande vuoto nella testa", prima di tornare ad atmosfere claustrofobiche, con due incubi surreali: nell'acustica e ipnotica "Metamorfosi" (molto kafkiana), un uomo, tramutato in insetto, vola verso un'illusoria e fatale libertà. Non va meglio al protagonista di "Scavando col badile", che si ritrova al centro della terra, in un inferno in cui gli animali dominano sugli uomini. Qui Camisasca e i musicisti (gli stessi dei primi album di Battiato, qui al VCS3) creano un tappeto sonoro cangiante che porta in mondi tenebrosi. A queste allucinazioni segue "John", descrizione iperrealistica di un incontro, grottesco e toccante, con un amico ridotto a fare il travestito: è uno dei momenti più intensi dell'album, grazie all'alternarsi di atmosfere acustiche ed elettroniche e alla voce grintosa di Juri.

La solenne e poetica "Un fiume di luce", è il solo momento di speranza del disco, un'illuminazione che, nel gran finale de "Il regno dell'Eden", diventa un delirio mistico, in cui il protagonista, identificatosi con Dio, è condannato a creare e impazzire per l'eternità: qui, le chitarre e il VCS3 dipingono un etereo e sinistro acquarello, che culmina con cori celestiali per finire con una folle filastrocca che sembra cantata da un uomo in stato di regressione all'infanzia.

Così, tra lucidità e follia, si chiude "La finestra dentro", uno dei viaggi più coraggiosi nei meandri della psiche umana mai tentati in musica, che, pur mettendo a dura prova le orecchie, il cuore e la coscienza, affascina per la sconcertante attualità e per la ricchezza musicale, che fa scoprire nuovi particolari ad ogni ascolto.

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