L'occasione fu un Italia-Paraguay giocato a Parma, amichevole pre-mondiale ricordata soprattutto per un gol in rovesciata di Checco Moriero su cross di Dino Baggio e l'attesissima presenza in campo (magra figura, a dire il vero) del portiere-goleador Josè Luis Chilavert, che non vedevamo l'ora tirasse una punizione dal limite per farci vedere quant'era bravo sulle palle da fermo.

Così tralascerei però il principale motivo di quella partita, che a distanza di 22 anni è comunque meno ricordato del gol di Moriero e di un appesantito Chilavert che andò a vuoto su tutte le uscite. Fu Nizzola, allora presidente della FIGC ad annunciarlo in conferenza pre-gara.

Quella sera, infatti, Claudio Baglioni avrebbe celebrato i cent'anni della Federcalcio presentando al Tardini – e in anteprima mondiale assoluta – Da me a te: l'inno ufficiale dell'Italia a Francia '98. Lo presentò accompagnato da un'orchestra sinfonica, sfoggiando un look moderno ma sobrio, ancora lontano dalla svolta cyborg-Matrix di Cuore di aliante.

Perfetto concentrato di orgoglio nazionale e buoni sentimenti, la performance regalò emozioni a cuore aperto, ma non quanto il relativo videoclip. Che mostrava un Baglioni al piano dentro un Olimpico vuoto con la pista bagnata (aveva piovuto?), e immagini di una partita al parco fra bambini, con genitori e nonni a fare il tifo da una panchina. Molto in stile telefilm americano con gli immancabili “vai campione!” - immaginiamo - a fare da sottofondo.

Non fosse stato per le gloriose immagini del nostro passato pallonaro, opportunamente evocate dalla regia.

La partita fra piccoli, guardacaso, era un Italia-Germania. Forse per insegnare ai bambini, fin da subito, a riconoscere il nemico? (con buona pace dei buoni sentimenti). Ma lasciamo da parte i messaggi subliminali, per una volta.

Ci si commuove sempre, del resto, con gli inni mondiali. Sono un'immancabile occasione di aggregazione. A volte si ride anche, nondimeno si resta nella storia – come dimenticare GAZZA che duetta con Bernard Sumner (con John Barnes a rappare) nella colonna sonora delle notti magiche inglesi del '90? Senza dubbio, uno dei punti più alti nella carriera di entrambi.

Inni da consegnare agli annali, e inni già consegnati all'oblio. Quasi nessuno serba memoria, ad esempio, di Cuore azzurro (Noi con voi, voi con noi: per un sogno che non muore mai), ovvero l'anthem dei Pooh per Germania 2006. Letteralmente sepolto dall'estemporaneo po-po-po-po-po-po-po in gentile concessione da Jack White, solo per non menzionare lo zaloniano Siamo una squadra fortissimi al coro di “ridateci la Gioconda”.

Ma non divaghiamo.

Perché in quel '98 di sogni infranti sulla traversa dello Stade de France a Barthez battuto (ci avevamo sperato tutti, sull'errore di Lizarazu), non c'era solo Italia e non c'era solo Baglioni. Altri popoli, sognavano sulle note del proprio inno. Ma ognuno col proprio spirito nazionale.

Tipo la Bulgaria...

L'inno bulgaro per Francia '98 era molto diverso da quello italiano. Se il video del nostro cominciava con l'immagine di una partita fra bambini al parco, il loro cominciava con l'immagine di un tacco. Dentro uno strip club.

La portabandiera d'occasione era un'esordiente della rinata scena della Čalga, ovvero quella musica (con trombe e tromboni) che quasi sempre si identifica con la Bulgaria, pur essendo in realtà pesantemente contaminata da klezmer e musica turca. Osteggiata e messa al bando dal regime-Zivkov, negli anni '90 la Calga risorge a furor di popolo (e a furia di una hit dietro l'altra).

Più o meno in quel periodo debuttava Kali, pseudonimo di Galina Dimitrova Ivanova. Essendo una Galina con una gran passione per l'India, la scelta del moniker fu quasi scontato.

A lei la Federcalcio locale affidò onori e oneri dell'inno, dal titolo 4-4-2 e da leggersi cet'ri cet'ri dve. Anche se quello di mister Bonev era più un 4-3-1-2, con Balakov (numero 10) vertice alto del centrocampo a sostegno di Hristo Stoichkov (la Leggenda) e Ljubo Penev (il bomber).

Senonché, durante i 3 minuti e qualcosa della clip, le differenze fra 4-4-2 classico e 4-3-1-2 con Balakov vertice alto passano leggermente in secondo piano. E per motivi extra-calcistici.

Lo stile è quello tipico delle clip bulgare anni '90: montaggio spartano e qualità da tv locale, con tanto di selezione random di alcuni momenti della grande cavalcata di USA '94. Fra questi, il rigore di Stoichkov contro la Grecia e la staffilata mancina, sempre di Stoichkov e chi sennò, al Messico negli ottavi.

Più la cantante (non in tacchi e décolleté, ma in tuta) ripresa mentre calcia un pallone per aria al centro di un campetto d'allenamento. Tanto per entrare in clima-partita, tanto per annusare il sogno mondiale.

Le ambizioni per l'appuntamento iridato erano alte, almeno quanto le nostre. Nel '94 era stato quarto posto, d'altra parte, trascinati da Hristo pallone d'oro. In Francia si puntava alla finale, senza mezzi termini. “Questi ragazzi saranno campioni del mondo sotto la torre Eiffel”, canta Kali – in barba alla scaramanzia. Siamo i più forti, chi ci ferma.

Intanto li ferma il Paraguay di Chilavert, che all'esordio impatta 0-0 in una partita di cui non serbo memoria, perché (complice il clima torrido e l'orario postprandiale) ricordo di aver dormito dal decimo/dodicesimo minuto all'incirca del primo tempo.

Il 4-3-1-2 (4-4-2, pardon) è atrofizzato da un'imbarazzante lentezza di manovra, Hristo appare fuori forma, il gioco latita e l'attacco è sterile. Ma si sa, è una regola dei mondiali: tutte le grandi faticano, all'inizio.

Dopo la seconda partita, la Bulgaria è in fondo al girone con 1 punto e 0 gol segnati. Serve un'impresa (disperata) nell'ultimo match contro la Spagna. Necessaria, se si vuole arrivare a Parigi e alzare la coppa sugli Champs Élysées.

Impresa che non si verifica: ne prendono 6.

Stoichkov (fiatone e passo pachidermico) viene sostituito all'intervallo, segnando la fine di un'epoca.

Ad oggi, quella è ancora l'ultima partita della Bulgaria nella fase finale di un mondiale. Mai più qualificati.

Kali, invece, ha avuto una carriera di grande successo in patria. Oggi è ancora una delle signore della hit parade bulgara. Anche se la Čalga è sempre più annacquata nel reggaeton, ma per stare al passo ci vuole anche questo.

Non ha più cantato 4-4-2.

E non perché oggi la Bulgaria giochi con la difesa a tre.

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