Prendete la definizione di rap; ora buttatela. Prendete l'essenza del pop; stracciatela completamente. Tenete a mente i fondamenti dell'elettronica; dimenticateli. Prendete il disco e guardatelo: è Kanye. Ora si può ragionare.

Di Kanye West si è sempre parlato come un innovatore, alcuni lo definiscono un genio, ma con quest'album supera ogni limite. Pur essendo qualitativamente non il migliore è sicuramente il più "Kanyano", nel senso di inaspettato, nuovo e trendsetter.                  

L'album si poggia su tre "elementi" fondamentali ed incredibilmente orchestrati. Il primo è di certo l'uso dell'autotune per ogni traccia; con quella voce un po' stridula, quasi monotona, con acuti metallici e suoni graffianti. L'altro punto cardine riguarda le produzioni ed è l'uso di una drum machine un tempo usatissima: la Roland TR-808. Nata nell'80 e abbondantemente usata in quel periodo, da tempo era stata messa parzialmente da parte, sia nel mondo hip hop che nell'elettronica. Kanye ne fa l'elemento segreto dell'album; la usa per stendere drumlines eccezionalmente accattivanti, con suoni quasi tribali che da soli "riempiono" i beat. Su un tappeto musicale simile la chicca sono i testi di Kanye, non tanto per intensità poetica o per liriche di chissà quale livello, ma per come  ogni strofa, ritornello, bridge, si adatti alla strumentale, riprendendone le tonalità malinconiche che dominano assolutamente il disco. Malinconia, appunto. L'artista, o meglio l'uomo, che viene fuori da quest'album è un individuo tormentato per un amore finito (e finito male), per la morte della madre che lo ha lasciato a pezzi, per questa voglia di lasciarsi alle spalle il mondo quasi di plastica costruitosi attorno per avere una vita normale, felice e spensierata("Welcome to Heartbreak")

I featuring sono 4 (tra tutti spicca la strofa di Young Jeezy in "Amazing") e tutti gli artisti chiamati a dare il loro contributo al disco sono anche loro in qualche modo incastrati nelle dinamiche musicali del prodotto, cosa insolita soprattutto per quanto riguarda la scena rap. Kanye qui fa un po' da maestro d'orchestra, ma allo stesso tempo anche da musicista, curando nei minimi particolari tutto il possibile e, soprattutto, lasciando la sua indelebile impronta. Perciò riesce difficile analizzare il disco pezzo per pezzo, poichè sarebbe estremamente riduttivo e perchè ogni canzone acquista maggior valore e comprensibilità inserita nel quadro d'insieme creato dall'artista. Ogni traccia ha la propria peculiarità, come gli archi per "Robocop" e il piano di "Pinocchio Story", ma ogni traccia rappresenta un capitolo di questo libro. 

In definitiva "808s & Heartbreak" non è un lavoro eccellente, soprattutto rispetto alla discografia dell'artista, ma colpisce per cosa ha creato, per la ventata d'aria fresca portata in un momento nel quale era sicuramente più comodo raccogliere il successo garantito dagli album precedenti con un prodotto simile ad essi. Il risultato è un prodotto ambivalente: leggero e orecchiabile per chi ha intenzione di prestargli solo un ascolto superficiale e profondo e complesso per chiunque abbia la voglia di esaminarle le sfaccettature. Ambivalente come Kanye, genio e sregolatezza. Lui è così, o piace o non piace, non ci sono vie di mezzo, ma è sempre nuovo, ed in fondo fare musica non è portare la propria novità e il proprio contributo?

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