Mò so cazzi supersoul, la bottiglia di  mirto è quasi finita e il vento fresco viene dal mare nero di notte, spegni le luci e "Arrival"  ti arriva dentro... Quel vecchiaccio di Steve Reid (Miles Davis, Ornette Coleman, Sun Ra) fa rullare quella batteria come un metronomo e questo giovane meticcio  di Kieran Hebden (Four Tet) ti spara dentro nove minuti di psichedelia elettronica... fossi Roy Batty non sarei stato mai così bene, sarei nella dimensione onirica di un robot con i circuirti in corto, proprio come un umano imbevuto di LSD fino al limite... però evitatemi questa tensione che mi mette addosso "25 th Street", pare che debba succedere qualcosa da un momento all'altro ed invece è solo uno sfolgorio di piatti e pelli percosse da correnti elettriche in cerca di filamenti di tungsteno da illuminare. E io non voglio.

Non voglio vivere con la luce, preferisco adagiarmi come un sonnambulo ad occhi chiusi su un prato verde proprio come la vergine in copertina dell'ultimo Filmworks di John Zorn e lasciarmi attraversare da questi arpeggi inconcludenti di "Between B & C" che sembrano ritmare la marcia di mille lucciole nella notte senza luna. Come vorrei non finisse mai questo splendido buio!... e "1St & 1St" è la soluzione: basso a stecca e batteria in levare fino alle luci dell'alba. Alla fine sarà  la (ri)partenza di un nuovo giorno, la bamboo music che avvolge "Departure" pare voler ricreare il ritmo delle alacri formichine umane al risveglio che non avranno mai idea come jazz ed elettronica possano farti stare con gli occhi aperti  per una notte intera a guardare un film che esiste solo nella tua testa.

Kieran e Steve hanno concepito quest'opera come immersi nelle sei location della Mela che danno il titolo ai sei brani del disco. Ma anche qui, nel buio di una semplice terrazza mediterranea, scorrono nella mente locali affollati, parchi silenziosi, serate invernali in pieno agosto. Questi due bastardi dimostrano come l'attesa sia più importante del momento finale: quando i cazzi verranno al pettine....

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