A dire il vero, questi Killswitch Engage erano predestinati a diventare i paladini dell'hardcore di nuova generazione. Infatti ognuno dei componenti dell'allora quartetto (che in seguito all'uscita di "Alive or Just Breathing" divenne un quintetto) proveniva da rinomate metal bands dell'universo underground, in particolare D'Antonio e Dutkiewicz facevano parte (e ne fanno parte tuttora dopo la reunion) degli Overcast, dalle cui ceneri nascerà, oltre ai già citati bassista e batterista dei Killswitch Engage, il vocalist degli Shadows Fall, Brian Fair.

Per chi è abituato ai Killswitch Engage dell'Howard Jones era, cioè dal 2003 in poi, il disco, targato 2000, vi sembrerà quasi suonato da un altro gruppo. L'omonimo debutto discografico infatti, in cui sono presenti molte influenze della scena melodic death metal svedese, possiede una veramente piccola quantità di quei ritornelli melodici e/o strappalacrime - quasi assenti a dire il vero-, che, a partire dal successivo lavoro, saranno presenti in quasi tutte le canzoni, specie nelle hitbreaker come "My Last Serenade e Fixation On The Darkness".

"Killswitch Engage", la cui durata non supera i 32 minuti, parte subito in quarta con le canzoni "Temple From The Within" e "Vide Infra", i brani più famosi del lavoro in questione, rintrodotti nell'album successivo, che mostrano subito quali saranno le caratteristiche dell'intero cd: riff spaccaossa di Stroetzel, puro hardcore screaming del vocalist Jesse Leach e straordinaria prestazione della coppia ritmica Dutkiewicz-D'Antonio. Una riga di lode la merita davvero quest'ultimo: il giovane bassista infatti, con le sue plettrate potenti e iperveloci, dà alle canzoni quel sound granitico che diverrà marchio di fabbrica del gruppo. Il terzo brano, "Irreversal", si discosta un po' dalle prime due, suonate a cento all'ora, proprio per la presenza di cambi di tempo e decelerazioni. La quarta traccia, "Rusted Embrace", è, a mio avviso, la migliore dell'album in questione insieme a "Temple From The Within", per la strepitosa performance canora del sorprendente vocalist Jesse Leach. Dopo il passaggio strumentale "Prelude" si ha il trio "Soilborn"-"Numb Sickened Eyes"-"In The Unblind", le canzoni più aggressive del lavoro del quartetto del Massachussets, poste proprio prima della finale "One Last Sunset", una malinconica strumentale - ma che, a dire il vero, non crea più di tanta atmosfera- , quasi per creare "la tempesta prima della calma" (eh sì, insolita come cosa!). 

L'album, coinvolgente e ben autoprodotto, fissa i canoni del sound Killswitch Engage e getta le basi del successivo capolavoro "Alive or Just Breathing". Da avere.

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