"Parte del tempo ce lo strappano di mano,
parte ce lo sottraggono con delicatezza,
e parte scivola via senza che ce ne accorgiamo"
. (Seneca)

Il tempo. Un qualcosa troppe volte trascurato, "abusivamente usato". Eppure elemento base di quell'esperienza molteplice che si chiama vita. Lo scorrere delle stagioni, dei giorni, delle ore, dei minuti, dei secondi...

La stagioni come quattro momenti distinti della vita umana.

Primavera: l'innocenza e la purezza si traformano in timida curiosità, in gioco. Il dolore che il piccolo monaco provocherà gli sarà restituito.

Estate: la tentazione. Carnale, sessuale. Il monaco si pente, è cosciente di aver sbagliato, scappa...per amore...

Autunno: la delusione, la sconfitta. Il ritorno dal maestro. La paura, la fatica e poi l'addio.

Inverno:la pace. L'amara constatazione della morte. Il desiderio di tornare ad una "vecchia e nuova" vita. Il ritorno al passato. La rinascita. La chiusura del cerchio...

Kim Ki Duk ci avvicina mentalmente alla spiritualità buddhista. Un film essenziale, capace di fondere insieme in un turbinio di emozioni e sensazioni crescenti l'amore nelle sue varie forme, l'importanza del tempo, le gioie e i dolori della vita umana. Complesso ma al tempo stesso delicato, poetico e spirituale. Religioso e rivelatore. In pochi sono riusciti ad unire questi elementi. Ancora di meno sono riusciti a fonderli in maniera sensata.

Partendo da un luogo isolato, chiuso, il regista ci mostra i dolori, spirituali e non, che si affacciano nella debole anima degli uomini. Il cineasta riesce ad esemplificare un intero stile di vita. Passa dal micro al macro cosmo. E lo fa raggiungendo vette di sensibilità difficile da riscontrare nel cinema moderno. Un film "sublime" nel senso più estetico del termine che tocca il cuore con la stessa delicatezza con cui le acque di un lago accarezzano le lievi e tristi sponde...

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