È comunque un disco del 1994, perciò fuori additamento dallo sfruttare la paraculetta proposta delle fanfare balcaniche da parte di Bregovic (che ci sta campando fino adesso) annesse come colonna sonora non tanto "Underground" del paraculone per eccellenza che è il Kusturica.

Il "molto pittoresco" innescato negli occidentali dagli ottoni di Goran è subito revisionato all'ascolto di questi zingari macedoni capitanati da Naat Veliov. Maestosi nell'innescare un humor primordiale condito dalla superba mistificazione del far credere cirillicamente di non saper né leggere né scrivere (ebbè so' zingari, dirai) per poi trascinarti in "flautolenze" dove si trasforma tutto in "Oro & Čoček".

Un sensazionalismo sarabandico lascia il posto sempre ad accelerazioni inverosimili che sudano da sole, ma che ci fanno il regalo per alcuni attimi, nelle concitate performance, di farci toccare una nuance di sacro, una liturgia con pezzo di reliquia annesso, un ostensorio rivisitato come strumento a fiato. Il meno amaro lascito dei "mammaliturchi", le bande militaresche di fiati e percussioni, ritmano i brutti rospi ingoiati dalla dominazione ottomana, dove la rivisitazione balcanica gitana trasforma l'originale appartenenza alla Porta in propria, sugellando una liberazione dai lacci anatolici anche a livello psichico.

Il quid nomade fa la differenza di una briglia sciolta di vortici in definitiva logica nella sua irrefrenabilità. Naturalmente inarrestabile si presenta il flusso, i pezzi si riscattano da una cronologia razionale e vengono percepiti espansi in un usufrutto ipnotico non preventivato.

Furbescamente informi, evolvono in un piacere tsunami di una trance di soffi che trascina ad un tarantolato che incensa i musicisti di bigliettoni (banconote) infilate nelle trombe, come buona tradizione zingara comanda.

Li vidi in estate dal vivo a Villa Ada (RM), in un festival di musica etnica dove andammo, già conoscendoli dal disco, di corsa a vederli con un amico, e pure ci parlammo due minuti col trombettista e il percussionista. Non ditemi come ci parlammo né in che lingua ma i complimenti "vivissimi" li capirono ben bene.

Romska Orientalna Muzika: Blow gipsy, Blow!

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