"Che cazzo è Kagutaba?" un urlo di un nuomo disperato invade una stanza coperta di alluminio. Un fulmine a ciel sereno, che squarcia la tranquillità quotidiana. E poi: una bambina dai poteri soprannaturali, un tempio, uno strano rituale, piccioni, un'attrice sensitiva, un giornalista che indaga su fenomeni paranormali, suicidi di massa...

Sembrerebbero temi molto disconnessi tra di loro, ma che trovano incredibilmente un'omogeneità quasi sconcertante in questo terrorizzante film del terrore, che viene presentato come se fosse un documento veritiero e struggente su una maledizione che ha le fondamenta e le radici nelle tradizioni di un piccolo villaggio giapponese sommerso dall'acqua negli anni '70.

A girarlo c'è Kobayashi, un robusto e  impavido giornalista, felicemente sposato con la sorridente Keiko in una casetta al centro di Tokyo, che decide di indagare su strani fenomeni che stanno per accadere senza sosta.

Tutto inizia con il pianto di un bambino, misteriosamente sentito tutti i giorni da una casalinga, da quando una stramba vicina si è trasferita nella casa accanto. E quindi, Kobayashi chiama un paio di amici come cameraman e inizia le riprese, che lo porteranno a scoprire che tutti i fatti strani sono tutti legati tra di loro, sprofondando in un terribile incubo, che sconvolgerà anche la sua quieta famigliare.

Per deviare lo spettatore, sono state anche inserite degli spezzoni di trasmissioni televisive (fittizie?) e interviste a più non posso.

"Di sicuro non è vero...ma se lo fosse?" si chiede lo spettatore sperduto di fronte alle immagini, che cadono nell'impeto di una furia minacciosa, che esplode nel terrorizzante finale (una delle scene più spaventose che il cinema horror abbia mai regalato), dove i brividi iniziano a farsi sentire davvero. I pugni allo stomaco vengono lanciati senza pietà. E l'angoscia cresce, cresce sempre di più, inoltrandosi in un oscuro bosco che ricorda non poco "Blair Witch Project".

 Perché qual è il capostipite dei film falsamente amatoriali, se non Blair Witch? (sebbene, si ricordi, il primo film realizzato con la camera in spalla e realizzato da un paio di studenti , è stato il misconosciuto thriller giapponese "Focus", del 1996, di cui tra l'altro i due registi del blair witch, hanno ammesso di averne tratta ispirazione).

 In un'epoca in cui ritorna la moda dei film horror amatoriali (si pensi a "Rec"), anche il Giappone ha deciso di farne parte, riuscendo incredibilmente a superare tutti i predecessori (compreso "Focus", che dopotutto era solo un thriller innocuo su un tizio che abbandona una pistola in metropolitana): perché, ammettiamolo, sono pochi  i film dell'orrore che fanno davvero paura e, questo "Noroi" è uno di questi. E senza versare una goccia di sangue.

La paura serpeggia in tutta la pellicola, anche semplicemente attraverso i gemiti e le urla di una superba e giovanissima (oltre che bellissima) Marika Matsumoto (già apparsa nel bruttino "Reincarnation" di Takashi Shimizu), attraverso la morbosa pazzia del medium Hiro, disperato per la scomparsa di Kana, la bambina con i poteri eccezionali.

 Diversi i sussulti dalla sedia, diversi i momenti in cui l'anima dello spettatore viene straziato inesorabilmente. Tutto ciò che appare è visibilmente paranormale, ma la regia è così furba e deliziosa da far sembrare il tutto una storia vera.
Ed è questo uno dei punti di forza del film: le sue documentazioni così concise e precise che lo rendono quasi un documento fedele alla realtà (infatti, oltretutto, è basato su un rito realmente esercitato negli anni '70, che si occupava dell'esorcismo del demone Kagutaba).

Come dire: il vero terrore è nella vita di tutti i giorni.

Parole sante.

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