Ci sono alcune band nelle quali, nonostante vadano avanti a produrre lavori scadenti o comunque insufficienti, senti che è doveroso continuare ad avere fiducia: "le potenzialità ci sono, si avvertono, diamo il tempo a questi ragazzi di farle emergere appieno". Sante parole. Ebbene, i tedeschi Krypteria rientrano in tutto e per tutto nella categoria di gruppi appena descritta: tante buone idee, altrettante delusioni. Morale? Due dischi ("Krypteria" e "In Medias Res") quantomeno irritanti. Così, passano due anni, e nel 2007 la band capitanata da Ji-In Cho, tedesco-coreana che ha fatto voltare la testa a più di un maschietto, ritorna con un nuovo album, "Bloodangel's Cry". Sarà la volta buona?

No. O meglio, non ancora, anche se si iniziano a intravedere i primi (gli unici?) barlumi in fondo al tunnel. "Bloodangel's Cry" presenta la solita formula dei Krypteria: una miscela indefinita di Power, Symphonic e Gothic metal, con qualche saltuaria incursione in campo Heavy. Come già detto, non lodare alcuni aspetti sarebbe scorretto e ingiusto: il sound riesce a raggiungere un buon equilibrio tra nitidezza e ruvidezza, la performance del chitarrista Chris Siemons è notevole (si senta "Time To Bring The Pain": da orgasmo, seppur sommesso), il basso di Frank Stumvoll sa divertire (intro di "I Can't Breathe") e i cori, anche se forse ridondanti, sono ben piazzati e si rivelano un'addizione gradevole e intelligente.

Tuttavia, i difetti ci sono, e il loro peso si tasta con mano. Spiace dirlo, ma uno di questi è proprio la voce di Ji-In Cho: la tedesco-coreana avrà anche una silhouette da mascella slogata, ma la sua ugola si rivela tragicamente troppo poco graffiante nelle tracce potenti, e troppo melliflua (quasi un piagnisteo) in quelle più delicate e introspettive. L'altra grande pecca sono i testi: banali, scadenti e, se vogliamo, pure ingenui. Qui, di profondo, oltre alla scollatura della cantante, c'è solo la durata dell'ultimo brano, "At The Gates Of Retribution", il classico mattone da 10 minuti scagliato alla fine. Dulcis in fundo (si fa per dire), la batteria è troppo sommessa. Risultato? Un'unica canzone convincente ("I Can't Breathe"); le altre si lasciano ascoltare, ma lasciano il tempo che trovano. E tutto ciò rende "Bloodangel's Cry" un album mediocre, che però merita la sufficienza per le emozioni che sporadicamente sa offrire e per i buoni spunti in esso contenuti (spunti che nel successivo "My Fatal Kiss" verranno tradotti in piacevoli e solide realtà).

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