Scrivo questa recensione con il pensiero rivolto al mio caro amico Francesco, il trasferimento del quale a Londra non ci allontanato di un millimetro, e senza il supporto del quale non avrei potuto scriverla.

Sembra banale, ma il primo passo per considerare un prodotto discografico e quello di poterlo ascoltare, mentre l'opera prima di questo gruppo che tanto segna un solco nella produzione elettronica di questi anni, pare sia tanto facilmente snobbata quanto invero facilmente si parla e si scrive della musica dei Lali Puna nel suo complesso; non si trova con il peer to peer, non si trova nel mercato dell'usato, non si trova chi te lo presti (a meno di fare un viaggietto a Londra), ergo la si scavalca a piè pari. Per di più, perché affannarsi per un'opera del '99 se si può facilmente reperire i successivi?
Invero Tricoder costituisce una pietra miliare nella sua corrente e il suo contributo può svelarsi meglio proprio ad anni di distanza dalla sua uscita.
Il contenuto è quel medesimo suono che caratterizza tutta la produzione dei Lali Puna, questo è vero, con i punti di forza nella brillantezza delle sonorità elettroniche, nell'equilibrio tra misura ed energia della base ritmica e quelle voce femminile che con la sua bellezza e perfezione d'esecuzione, catalizza l'attenzione e affascina l'ascoltatore che si lascia accompagnare (attenzione: non "cullare", "accompagnare").
Le sonorità sono scarne, mai ridondanti e stancanti, ma al costo di risultare ancora più secche, o nette, che nel successivo "Scary World Theory". Prendo quest'ultimo a riferimento poiché a mio avviso qui troviamo il culmine dell'equilibrio, un riferimento non solo per l'opera che lo precede, ma per tutto il panorama della musica elettronica di questi anni! Ovviamente il risultato è leggermente peggiore, seppure nel complesso l'album non arriva mai a stancare l'ascolto.
La melodia è penalizzata e per trovarne il filo bisogna ricorrere ad un ascolto celebrale che verosimilmente tende a selezionare i potenziali ascoltatori (gli archi sintetici in "Fast Forward" sembra vogliano suggerirci questa strada, magari offendendo chi non voglia suggerimenti e lasciando intonso chi non li possa raccogliere, ma tant'è :-)
La voce compare sempre in spazi ortogonali: è pulita, ordinata, "dura"; tanto netta che sembra quasi entrare in competizione con le sonorità elettroniche (salvo poi batterle). Invece poi, in alcuni momenti (rari), coglie alla sprovvista ed esprimendosi con dolcezza riesce ad evitare che, quasi spaventati da tanta freddezza, ci si allontani.

Nel complesso si tratta di un album acerbo ed anche un album nel senso stretto del termine, collezione di pezzi autoconsistenti, e risulta quindi anche privo di quella omogeneità che può aiutare un prodotto così così e farlo risultare buonino. Non ritengo però che si possa pensare ad un semplice buon esordio, perché siamo di fronte ad un album di ottima fattura, immensamente ricco di tutta la maturazione che gli artisti, confluendo nei Lali Puna, hanno portato con sè: pregevole sul piano tecnico, ogni brano denuncia una originalità ormai tristemente rara (quindi preziosa). In tal senso, sarei pronto a battermi per affermare che tutto il successivo lavoro del gruppo fino ad oggi è contenuto in questi brani.
In un'analisi che il recensire retrospettivamente la vecchia opera di un gruppo nel momento di maggior successo commerciale ci permette, mi azzardo anche a dire che è come se i tre albums rispettassero, in ordine cronologico, il nucleo della loro musica con il primo, la crema delle loro potenzialità con la creatività ed omogeneità del secondo, l'estremizzazione delle loro peculiari caratteristiche con il terzo (a mio avviso il peggiore inteso come album, ma con 4 brani ottimi, forse due eccellenti).
In tal senso non sono rimasto colpito da "6-0-3", il primo e certamente il più pubblicizzato tra i brani presenti nell'album, proprio perché riconosco di esser stato viziato dall'ascolto della produzione successiva che a mio parere lo ha sufficiente sviscerato e superato. Trovo pregevole "Antena Trash", che invece mi pare sia stato affiancato più che non superato dai migliori brani di "Faking the Books" (in tal senso mi rafforza la convinzione di un raccordo nella produzione tra il primo e il terzo con "Scary World Theory" punta esclusiva in un istante di felicissima creatività) e v'invito all'ascolto degli ultimi due brani, solo strumentali, che se sono stati inseriti nonostante la mancanza della voce di Valerie, qualcosa vorrà pur significare.

Carico i commenti... con calma