Noti al pubblico italiano per essere stati il gruppo di apertura dei Metallica nello scorso giugno, e cari ai loro fan più affezionati per un devastante concerto insieme agli Hatebreed sempre nello stesso periodo, i Lamb Of God ritornano in Italia per la seconda volta durante il tour di supporto a "Wrath", album uscito a inizio 2009, ritrovando un audience che vede in loro una realtà affermata agli apici del metallo internazionale, grazie a tour estenuanti che hanno permesso loro di promuovere in tutto il mondo i loro album che in soli dieci anni (del 2000 è il loro album d'esordio anche se si sono formati a inizio anni 90) hanno conosciuto un'evoluzione costante e particolare.

La data romana del 23-02-2010 era l'ultima delle tre che la band ha tenuto in Italia assieme a Between The Buried And Me, August Burns Red e Job For A Cowboy, gruppi stilisticamente diversi dai Lamb Of God, che però hanno da subito saputo animare la folla che ha riempito l'Alpheus, locale stretto e dalla forma un po' angusta per un concerto metal, ma con un'organizzazione impeccabile e suoni decisamente buoni.

I Between The Buried And Me suonano per circa mezz'ora, mettendo in mostra le proprie ottime qualità musicali e la stupenda voce del versatilissimo cantante, gli August Burns Red dal canto loro non si fanno certo apprezzare per originalità e ricchezza di idee, tuttavia coinvolgono parte del pubblico con il loro metalcore ricco di "moshoni" che scatenano il solito incontenibile pogo. Giù il cappello per i Job For A Cowboy, decisamente convincenti, spettacolari, coinvolgenti e chirurgici, il loro show è oltre qualsiasi aspettativa per intensità e furia, non c'è uno di loro che non si danna a furia di headbanging, batterista compreso, che addirittura risulta essere uno dei più scenici col torace tatuato ed i capelli in continuo movimento durante l'esecuzione di tempi velocissimi. Assolutamente fenomenale il classico "Entombment Of A Machine", accolto con grande entusiasmo dal pubblico che dimostra di idolatrare (giustamente) anche loro.

L'ottimo antipasto è quindi servito, ma per cena ecco riempirsi in modo spaventoso le primissime file (non un centimetro di spazio) e nell'aria sentir risuonare a gran voce il nome della band per la quale sono tutti lì: LAMB-OF-GOD!!! Dopo un'attesa di circa dieci interminabili minuti, allo spegnersi delle luci, viene mandata la versione dell'album di "The Passing", intro strumentale di "Wrath", utilizzata come opener dei concerti di quest'ultimo tour mondiale, canzone molto suggestiva che dall' arpeggio iniziale cresce sempre di più attraverso melodie intrecciate dalle due chitarre, mentre sul palco giochi di luci di tonalità violacea, nascondono la presenza dei Lamb Of God , tutti barbe e tatuaggi, pronti all'attacco di "In Your Words", che scuote a dovere la folla rimasta incantata dalle melodie ipnotiche dell'intro.

Da qui in poi la band parte in quinta, i cinque loschi figuri dall'aspetto trasandato e in controtendenza con i ciuffetti curati di molti ragazzini presenti tra la folla, eseguono in modo ineccebile il repertorio tutto riffoni veloci e intricatissimi, scariche dinamitarde e urla che di umano hanno poco, srotolando il loro tappeto thrash sporcato da macchie di hardcore, death e tanto rock. "We are Lamb OF God from Richmond motherfucking Virginia" dice Randy, il cantante. La scaletta comprende parecchi brani tratti dall'ultimo album, mentre dai precedenti vengono estratti solo i classicissimi, sparati l'uno dopo l'altro con una intensità fuori dal comune, spandendo sudore, passione e rabbia che contagia tutto l'Alpheus, mentre nelle prime file il pogo si fa brutale e continuo.

Nella prima parte del concerto si concentrano il nuovissimo singolo "Set To Fail", e i classici "Walk With Me In Hell", "Now You Got Something To Die For", "Hourglass" e l'acclamatissima "Ruin". A metà esibizione i due chitarristi si affiancano e suonano l'intro di Grace, con Mark Morton che da libero sfogo alle proprie capacità, facendo immediatamente notare quanto rock e blues siano presenti nelle proprie corde con un bellissimo assolo che si prolunga per diversi minuti, per poi lasciar spazio all'ingresso devastante della doppia cassa del batterista Chris Adler, che ha stupito per l'incredibile precisione con cui ha suonato per tutta la durata dello show tempi velocissimi, ritmiche intricate, controtempi di alta scuola e tempi in levare senza mai calare un attimo di rendimento. Certo, sembra quasi che sia un batterista anti-assolo, perchè nonostante le sue decantatissime doti tecniche, la sua precisione cristallina e il tocco con cui colpisce la batteria, non ne vuole sapere di sfoggiare tecnica fine a sè stessa per la gioia della folla, suonando l'unico vero e proprio "solo" in "Ruin", senza cambiarlo di una virgola rispetto a com'è sull'album. Insomma, una macchina.

In netta opposizione al temperamento quasi robotico del drummer, la carica animalesca del frontman Randy Blythe, vero valore aggiunto della band durante i live: il cantante, non sta fermo un istante, corre da una parte all'altra del palco, salta, incita la folla, e spesso si rende protagonista di siparietti con il chitarrista Willie Adler e il bassista John Campbell, ma soprattutto ha una voce spaventosa. Il suo growl è devastante dal vivo, potentissimo ma molto chiaro nel pronunciare le parole, lo scream viene ben dosato: osa di meno all'inizio per dare il massimo alla fine. Un gran professionista ma soprattutto un frontman e cantante eccellente.

Il concerto prosegue con l'ottima "Broken Hands", carichissima di groove e riff pregevoli, dopodichè l'attesissima "Laid To Rest", durante la quale probabilmente nessuno all'interno del locale ha rinunciato al pogo, seguita, senza tregua nè pietà dalla velocità fulminante del secondo singolo estratto da "Wrath", "Contractor", canzone di stampo thrashcore tra le più violente e dirette dell'intera serata. Dopo l'apparente tranquillità derivata dall'arpeggio iniziale di "Vigil", e da un altro siparietto durante il quale i musicisti fanno gli auguri di compleanno a qualcuno della loro crew, le note dal sapore southern di "Redneck" invitano il pubblico a scatenarsi in un immenso circle pit. Infine, spazio al pezzo più datato del repertorio, unico estratto dal primo album "New American Gospel" (2000): "Black Label", accolta dall'ormai consueto Wall Of Death con successivo mosh durante la ritmatissima parte centrale, che conclude un concerto che ha fatto vivere pienamente il concetto di musica metal, che per qualunque appassionato è nient'altro che la giusta miscela di tecnica, velocità, potenza e impatto.

Come cartolina della serata basta solo scegliere il livido più grosso, tra i tanti.

SETLIST "Lamb Of God":

  1. "The Passing"
  2. "In Your Words"
  3. "Set To Fail"
  4. "Walk With Me In Hell"
  5. "Now You Got Something To Die For"
  6. "Ruin"
  7. "Hourglass"
  8. "Dead Seeds"
  9. "Blacken The Cursed Sun"
  10. "Grace"
  11. "Broken Hands"
  12. "Laid To Rest"
  13. "Contractor"
  14. "Vigil"
  15. "Redneck"
  16. "Black Label"
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