Danimarca. Ravn, proprietario di una ditta di informatica decide di venderla ad un compratore islandese, tale Finnur, ma c'è un problema: l'acquirente pretende che il presidente della ditta sia presente alle trattative e Ravn aveva sempre finto di essere lui stesso un dipendente al servizio di un magnate americano, per scansare così tutti gli oneri legati al fatto di essere quello che prende le decisioni. Si ritrova così costretto ad assumere Kristoffer, un attore disoccupato con la fissa per il drammaturgo Gambini, perchè reciti la parte del grande capo della ditta per il tempo necessario a concludere la vendita. Il povero Kristoffer si trova così a dover interpretare un ruolo difficile e contraddittorio, costruito da dieci anni di menzogne da parte di Ravn, e deve lavorare a stretto contatto con le sei menti creative della società, ognuno dei quali è una splendida caricatura del mondo aziendale.
Con il passare dei giorni Kristoffer scopre quanto sia meschino in realtà Ravn, e quanti soprusi abbiano dovuto sopportare i dipendenti nel corso degli anni, con la scusa che "il grande capo era in America". Parlando con l'avvocato di Finnur (che, classico della commedia, è niente meno che l'ex moglie di Kristoffer), l'attore scopre che Ravn, con quella vendita, ha intenzione di licenziare tutti i dipendenti senza dar loro niente per i diritti del loro prodotto più importante. Decide così di fargli cambiare idea colpendolo nel suo unico punto debole: la necessità di sentirsi sempre amato e benvoluto da tutti.
Dopo vari tentativi, al momento di firmare l'atto di vendita Kristoffer riesce finalmente a far crollare Ravn e a fargli confessare tutto davanti a Finnur e ai dipendenti. Tutto sembra quindi finire per il meglio, con Ravn che ottiene il perdono dai dipendenti e decide di rinunciare alla vendita. Ma da un discorso di Finnur, Kristoffer (che comunque aveva una procura per concludere l'affare) capisce che l'islandese è anch'egli un fan di Gambini e, preso dall'entusiasmo per aver trovato un altro che condivide la sua più grande passione, decide di firmare la vendita.
Dopo 'Dogville' e 'Manderlay', Lars Von Trier accantona momentaneamente (ma non è chiaro quanto momentaneamente) la sua trilogia sugli U.S.A. e torna in Europa con questa satira del mondo del lavoro che veste i panni di una commedia fresca ed elegante, un film leggero e divertente che porta riconoscibilissima la firma del geniale regista danese.
La novità di questo film è l'esperimento dell'automavision: l'intero film è stato ripreso utilizzando delle camere fisse controllate da un computer, che decideva in maniera del tutto casuale quando eseguire degli zoom, delle panoramiche o dei primi piani. Il risultato dell'uso di questa tecnica è una pellicola nella quale spesso e volentieri le inquadrature non sono ben centrate e i primi piani tagliati. Una cosa che, secondo i canoni estetici del cinema contemporaneo risulta quanto meno discutibile, ma il cui unico imputato risulta essere il computer. Dopo il "Dogma 95" questo risulta essere un nuovo punto di rottura con il modo classico di dirigere un film.
Qualche chicca:
- Il regista ha in questo film il ruolo del narratore, e la sua immagine appare nella sequenza iniziale riflessa da una finestra.
- Il tanto nominato Gambini in realtà non esiste, si tratta solo di un'allusione allegorica al drammaturgo norvegese Henrik Ibsen.
- In Danimarca alla distribuzione del film è stato legato una sorta di gioco, denominato "Lookeys": si tratta di sette elementi fuori luogo inseriti all'interno del film, ma che possono essere spiegati ricorrendo ad una misteriosa chiave di lettura comune. A chi per primo fosse in grado di scoprirla è stato promesso un premio in denaro e la possibilità di apparire all'interno del prossimo film di Lars Von Trier. Purtroppo questa competition è aperta al solo pubblico danese.
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