Il destino è un oceano e le sue onde sono spesso molto più grandi di noi...

Lo stato d’animo con cui si affronta la visione di un film (ma fosse anche un quadro, la lettura di un libro o l’ascolto di un disco) sono fondamentali per l’opinione che ci faremo in seguito dell’opera stessa.
Riuscire cioè ad essere estremamente razionali e lucidi di fronte a certe opere è già di per sè un operazione difficile se ci si lascia trasportare dal racconto e dall’emotività, senza cioè farsi prendere dalla smania dell’analisi critica a tutti i costi.

Questo lavoro di Lars Von Trier, si colloca esattamente in quella tipologia di film appena descritti: è impossibile restare indifferenti! O li ami o li odi. Non necessariamente capolavori, anzi… abbastanza imperfetti, sporchi e con qualche eccesso e manierismo di troppo ma che riescono, nonostante tutto, a infondere, dopo quasi 2 ore e mezza di proiezione una forma di adesione partecipativa alle vicende dei personaggi. Chiamatela “alchimia”, colpo di fulmine o quella stessa cosa per cui due persone si piacciono subito senza sapere nulla una dell’altra ma questo film è riuscito nell’arduo compito di farmi calare nella vicenda in una forma di rapporto simbiotico e reciproco senza eguali.
Un film ripeto, girato in forma “sporca” e volutamente imperfetto (come la vita, sembra dirci il regista), ossia con camera a mano, senza abbellimenti scenografici e senza particolari cure nella direzione della fotografia, come imponevano le ferre leggi del gruppo Dogma 95, battezzato dallo stesso Von Tiers. Leggi che prevedevano pure l’assoluta VERIDICITA’ della posizione della macchina da presa (vietati Dolly o macchine fisse ma tutto rigorosamente ad altezza occhio umano come se la mdp fosse esattamente una testimone oculare di fatti e SENZA il minimo intervento possibile di finzione in ogni aspetto di ripresa, compreso le inevitabili traballamenti di macchina da un cambio di scena all’altro).

Il film narra la vicenda ambientata nei primi anni 70 di una giovane scozzese (una splendida Emily Watson ispirata come mai) che, a causa di un incidente lavorativo capitato al marito che gli impedirà di avere rapporti sessuali, decide di affrontare una Grande Prova D’Amore. Sempre in accordo col marito che la convince piano piano, decide quindi di accoppiarsi in rapporti sessuali diversi con gente conosciuta per dare modo al compagno di rivivere, benché di riflesso, i suoi impulsi sessuali ormai assenti e allo stesso modo, di ridare una vita sessuale alla compagna, eroina e martire di tutta questa vicenda. Se non è una forma di Grande Amore e di Grande Rispetto Reciproco questo, cos’è?

Un film quindi duro ed estremo, che parla di un enorme sacrificio e di una forma laica di “santità” vista all’interno di un rapporto vero, adulto ed estremamente sincero tra due persone che si amano al punto tale di accettare il Non Attaccamento e la Non Possessività l’uno dell’altro.
Una storia di Sacrificio che rasenta una forma di sacralità e che accomuna il percorso della giovane donna a una visione quasi mistica del percorso di redenzione del Cristo con vari passaggi (il dialogo con le nuvole finali e la luce che si fa spazio tra loro) che non lasciano dubbi ad altre interpretazioni.
Un film di un’intensità davvero commovente, che sa arrivare direttamente al cuore dello spettatore senza troppe lungaggini narrative e che ha il solo difetto di eccedere troppo in questa tecnica di “free-cinema” fatta di inquadrature improvvisate, spesso sfuocate o in movimento che, passati i primi 10 minuti, rendono troppo faticosa la piacevolezza della visione.

Peccato perché, al di là di questo aspetto tecnico non irrilevante, Le Onde del Destino (che vinse il Gran premio della giuria al 49° Festival di Cannes del 1996) ha bellissimi dialoghi, fatti anche di silenzi e di immagini altamente evocative e spirituali di rara intensità (e spesso “crudezza”), per non sottovalutare la colonna sonora davvero “da brividi” con la riproposizione dei più grandi standard della storia del rock, a suddividere i vari capitoli del film. Sto parlando dei vari David Bowie, Leonard Cohen, Deep Purple, Procol Harum, Elton John , Jimi Hendrix… una colonna sonora indimenticabile che spero che qualcuno prima o poi recensirà.


** Ricambio la dedica a MariaElena, per la sua dolce fragilità che, al di là di come appare in questo sito, penso che nasconda un’anima davvero candida e pura… come la protagonista di questo splendido film.

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