Non ero del tutto soddisfatto della mia esperienza personale con i film di Von Trier prima di guardare Melancholia. In realtà speravo che potesse essere questo il film che lo avrebbe redento ai miei occhi oppure condannato per sempre, così non esitai a guardarlo appena ne ebbi l'occasione, con risultati sorprendenti.

Il film si apre con delle immagini surreali, molto rallentate e scenograficamente fenomenali (ma del resto la scenografia sarà uno degli elementi più interessanti dell'intero film, non solo dell'introduzione), accompagnate da quella che scopriremo essere l'unica musica dell'intera colonna sonora, che si ripeterà spesso nel corso del film, ovvero il Preludio dell'opera Tristano & Isotta di Richard Wagner, uno dei più importanti componenti della musica tardo-romantica d'area tedesca. Non è un caso che sia un brano romantico a comparire nel film, giacché lo stesso Von Trier parla di Melancholia come di un film romantico. E si tratta di Romanticismo vero, quello europeo e leopardiano, tinto di malattia e di angoscia, infatti le note di Wagner sono già spesso volte per certi versi al Novecento, tese al punto giusto e perfettamente adeguate ad accompagnare le scene più significative del film, con la loro romantica inquietudine.

Il termine dell'introduzione ci rivela la strutturazione in capitoli del film (che sono due: Justine e Claire, come i nomi delle due sorelle protagoniste) e ben presto ci lascia intendere quale sarà l'ambientazione del primo capitolo: un matrimonio. Justine, interpretata ottimamente da Kirsten Dunst (ma tutti gli attori sono strepitosi), si sta infatti sposando con Michael. La loro magistrale festa di matrimonio è orchestrata dalla sorella di Justine, Claire (Charlotte Gainsbourg), che grazie alla ricchezza del marito John (Kiefer Sutherland) vuole organizzare qualcosa di memorabile per la sorella, e si scoprirà poi perché tanta importanza alla sua felicità. Il fatto sorprendente è che, fin da subito, bastano poche parole da parte dei personaggi principali per inquadrare la loro personalità, grazie all'ottima caratterizzazione voluta dalla sceneggiatura ma anche dalla memorabile interpretazione degli attori.

La spensieratezza delle scene di festa inizia ad essere ben presto turbata, e si inizia ad entrare meglio nella mente di Justine, che si scoprirà ben presto soffrire di disturbi depressivi. Sua sorella Claire tenterà in ogni modo di rendere il suo matrimonio felice, senza ottenere però grandi risultati. Lo sguardo perso di Justine rievoca forti emozioni nel fruitore, e i momenti in cui lei cita le scene surreali dell'introduzione del film iniziano a far pensare che ci sia qualcosa che sfugge alla conoscenza dello spettatore. Lentamente, le figure di Claire e di Justine iniziano ad apparire diverse, quasi opposte rispetto all'idea che si poteva avere di loro all'inizio del film. Allo stesso tempo, viene gradualmente inserita la componente astronomica del film, che diverrà nel secondo capitolo fantascienza più o meno pura. Il primo capitolo termina in modo inaspettato, deprimente e misterioso, lasciando presagire sviluppi interessanti.

Il secondo capitolo, "Claire", è più incentrato sulla figura di quest'ultima. Viene esplicitato subito il fatto che Justine sia malata e la figura di sua sorella diventa sempre più caratterizzata da premura nei suoi confronti e ansia nei confronti di Melancholia, che si scopre essere un pianeta (la cui presenza era stata piuttosto latente e nascosta nel primo capitolo) che passerà molto vicino alla terra, senza però colpirla. Nel frattempo, anche il personaggio di Justine muta, lasciandosi completamente andare al delirio: non è più in grado di fare nulla da sola e la sua depressione aumenta di giorno in giorno, sempre con un impatto emotivo notevole sullo spettatore. Le scene del film si fanno sempre più particolari, fino a non esimersi più dalla presenza di dinamiche assurde, inspiegabili… il film sta cambiando volto, insieme ai suoi personaggi.

Si scoprirà che le previsioni nei confronti di Melancholia potrebbero essere sbagliate, rivelando la fallacità della scienza in cui John credeva così ciecamente, e che sarà infatti il primo a finire molto male nella vicenda. La piccolezza dell'uomo appare una tematica importante dell'ultima mezz'ora di film: l'apocalisse è alle porte e non c'è un luogo sicuro in cui nascondersi. Ma non è un'apocalisse come siamo abituati a pensarla, da blockbuster hollywoodiano, con piogge di meteore, folle nel panico e distruzione totale. No, si tratta di un'apocalisse che seguiamo dagli occhi di una famiglia isolata dal resto del mondo, che vive in una villa idilliaca che pare essere tutto quello da cui il mondo è composto, mentre l'avvicinamento del pianeta è contraddistinto da un continuo ed inquietante suono di bassa frequenza e da fenomeni atmosferici inaspettati, oltre che da un blackout universale che coinvolge persino le batterie delle automobili. Emerge con forza quindi la dimensione personale del dramma, il sentimento individuale di ogni protagonista, che sa di dover morire ma deve riuscire ad accettarlo. E paradossalmente, Justine è colei che mantiene la calma, che a tratti lascia pure trasparire capacità sovrannaturali non ben specificate e che alla fine sarà l'autrice del profondamente toccante finale, ambientato in un'atmosfera pre-apocalittica ricolma di estetica.

Lars Von Trier, dunque, non solo si è redento ai miei occhi, ma ha anche consegnato all'umanità quello che io definirei un capolavoro e che si piazza sicuramente nelle prime 10 posizioni dei miei film preferiti. Un film che unisce fantascienza ad introspezione, forte emotività a meravigliose dimensioni estetiche, grandi interpretazioni a surreali atmosfere. Assolutamente consigliato!

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