Cosa sarebbe successo se l’ospedale della serie di E.R. fosse stato costruito dalle parti di Twin Peaks, anziché in un anonima metropoli americana? Probabilmente qualcosa di molto simile a quello che avviene in questa pellicola, certamente uno dei lavori più suggestivi (ed anomali) partoriti dal lunatico regista danese.

The Kingdom è nato come una mini serie televisiva, trasmessa nel 1994 dalla tv nazionale danese in 4 episodi (della durata media di circa 70 minuti l’uno), per poi essere successivamente distribuito anche nei cinema di tutto il mondo come un unico e monumentale film, dalla titanica durata di quasi 5 ore.

La storia è ambientata quasi esclusivamente all’interno dell’ospedale di Copenhagen, il Rigshospitalet, il più grande e moderno di tutta la Danimarca. Questo enorme edificio di cemento dall’aspetto cupo ed imponente che domina la città, chiamato da tutti semplicemente Riget (“Regno” in danese), con la sua intricata struttura fatta di labirintici corridoi e claustrofobici sotterranei, costituisce lo sfondo su cui si muovono una moltitudine di bizzarri personaggi: medici e pazienti della clinica, le cui vicende (e gli incubi) si intrecciano tra loro, tutte comunque collegate direttamente o indirettamente al manifestarsi del fantasma di una bambina che infesta il reparto di neurochirurgia. Quando l’anziana signora Drusse, una spiritista ipocondriaca, al momento dell’ennesimo ricovero percepisce la presenza di questo spirito tormentato, si lancia senza indugio sulle sue tracce per cercar di capire chi o che cosa gli stia negando la pace eterna.

Scritto da Lars von Trier insieme all’amico Niels Vørsel (già co-sceneggiatore di Epidemic, Europa e L’elemento Del Crimine) all’insegna dell’improvvisazione e della libertà creativa, di questa originale ghost story affascina anzitutto l’atmosfera quasi onirica e l’inquietante ambientazione ospedaliera, pervasa da un’aria malsana ed angosciosa che ricorda per certi versi l’Overlook Hotel di Shining”, perfettamente sottolineata dalla bellissima fotografia dai colori rossastri e dalla solita telecamera a mano, tanto cara al Dogma95. Ma, proprio come avveniva in Twin Peaks, a sorprendere sono anche gli improvvisi ed inaspettati cambi di registro, che alternano l’horror con il giallo, il comico con il grottesco. Infatti la storia, sfruttando il complesso groviglio di trame e sottotrame, con la stessa facilità con cui salta da un personaggio all’altro, riesce spesso a spiazzare lo spettatore grazie ad alcuni divertentissimi passaggi carichi di cinica ironia, delle situazioni grottesche al limite dell’assurdo che allentano momentaneamente la tensione sempre più opprimente. Il risultato finale è un film sorprendentemente vario e coinvolgente, tutto giocato sulla contrapposizione tra razionalità e soprannaturale, facilmente rintracciabile nel conflitto che vede fronteggiarsi le opposte figure del dottor Helmer (il cinico ed egoista primario di neurologia) e della sensitiva Drusse: quindi la scienza contro l’occulto, il razionale contro l’irrazionale.

Nel ’97 von Trier ne ha girato un seguito, inscindibile dall’originale, che riprende e sviluppa i numerosi punti lasciati in sospeso dal finale, senza tuttavia dare ancora una conclusione definitiva. Purtroppo le speranze di vedere prima o poi l’annunciato capitolo finale sono però recentemente sfumate, a causa della morte di due degli attori principali, i bravissimi ed insostituibili Ernst-Hugo Järegård (il dottor Stig Helmer) e Kirsten Rolffes (la signora Drusse).

Ci restano comunque queste due opere che, con le loro quasi 10 ore di durata complessiva, rappresentano uno degli esperimenti cinematografici più originali e riusciti degli ultimi anni.

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