Finlandia, ai giorni nostri, forse.

Infilatevi un completino per parapendio e volate sui ghiacci. Il rumore che sentireste, ma sto dicendo una cattiveria, il dolce e misterioso suono che sentireste, oltre al sibilare del vento nelle orecchie, è quanto di più vicino a quello che questa interprete ha generato con la voce e con questi strumenti che vedete, disegnati, in copertina.

Un po' di elettronica, ma senza esagerare, per riempire qualche spazietto di vuoto inevitabilmente lasciato da questa "orchestra", ed eccovi qua un capolavoro di folk. Immaginate delle Cocorosie, ancora più nordiche, con una strumentazione ancora più minimale, e che soprattutto siano incomprensibili come il finlandese può essere. Un disco che è veramente un "viaggio" in un luogo bianchissimo e sperduto, non emoziona, trasporta.

Certo un ascolto non facile, non da condividere, ma una bella storia da farsi in solitudine. Il "pezzo" più bello per me è l'impronunciabile "Kuljen halki kuufarhan", non so assolutamente cosa significhi, ma la voce della Laura Neukkarinen, questo il vero nome dell'artista, bellissima, è accompagnata da uno di questi strumenti a corda suonati con l'archetto, finale con orchestrina di fischietti; rumori di barattoli nella traccia successiva "Sammiolinnut" accompagnati da strida di gabbiani e da una vocina di sottofondo che canticchia una nenia. Spesso la voce ripete il suono emesso dagli strumenti a corda, differenziandosi di pochissimo, ed è proprio su questa dissonanza che è giocato l'intero disco, non male, quando poi gli "archi" diventano dolcemente ossessivi non si riesce proprio più a distinguere i due suoni, e sono i momenti probabilmente più "alti" dell'intero album. Bellissimo anche il secondo pezzo che è forse l'unico momento "canzone", due voci, nel finale, accompagnate dal difficile timbro di queste strane chitarre.

Un'altra produzione notevole che giunge dalla Scandinavia, a riprova dell'ottimo momento culturale di quelle regioni.

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