Uh-oh! Ci fanno notare che questa recensione compare anche (tutta o in parte) su http://www.meltinpotonweb.com/

Le Luci della Centrale Elettrica sono Vasco Brondi, ventiquattrenne cantautore di Ferrara ed affascinante promessa della scena musicale italiana; incensato quasi unanimemente dalla critica ed oggetto dell'ammirazione di una crescente schiera di appassionati.

Ascoltarlo è un'esperienza. Un flusso di immagini avvelenate di una realtà periferica e provinciale, tossica, postindustriale, dimenticata: una serie di fotografie strazianti, più o meno visionarie, unanimemente disperate. E soprattutto la capacità di tradurre queste immagini in musica, che ne riproduce ed accompagna lo stato d'animo, a volte con delicatezza dolente ed altre con accelerazioni di rassegnata violenza.
Anche sul palco, come nel celebrato disco d'esordio, la struttura delle canzoni è scarna ed essenziale (voce, chitarra acustica, chitarra elettrica suonata dal suo produttore Giorgio Canali, ed effetti), ma il tessuto melodico è solido, penetrante; dal vivo l'impatto emotivo è ancora più potente.
Vasco Brondi suona le sue Canzoni da Spiaggia Deturpata di fronte ad un pubblico concentrato e numeroso: la sala del Circolo degli Artisti si è riempita completamente per questo giovane artista della provincia meccanica italiana (e si svuota parzialmente quando lascia il palco all'ex CCCP Massimo Zamboni); un risultato considerevole per un cantautore che gode ancora di una fama "underground", per giunta di mercoledì sera.

Lui si muove con aria dimessa, è timido e gentile; autoironico quando presenta Per Combattere l'Acne (splendida) come la prossima canzone dell'estate e quando saluta il pubblico introducendo l'ultimo pezzo: "Siete proprio della bella gente, mi dispiace tagliarvi le gambe con questa canzone".
Il breve concerto del Circolo degli Artisti, lascia l'impressione di un artista dalle straordinarie potenzialità espressive, animato da lampi di energia punk e nichilista che rimandano al Lindo Ferretti dei CCCP e con un timbro vocale che ricorda spesso Rino Gaetano, nonostante nel raccontare l'Italia fatiscente di "questi cazzo di anni zero" la sua voce sia completamente priva dell'ironia giocosa che fu del cantautore calabrese.
E' proprio con una citazione di Gaetano che si chiude il suo live, un refrain de Il cielo è sempre più blu inserito in una spirale musicale cupa e stordente (Nei Garage a Milano Nord), che si esaurisce con la ripetizione ossessiva del verso "Chi muore al lavoro".

Questo è Vasco Brondi: forse la pretesa di raccontare le sue storie attraverso un incessante montaggio di immagini nitide e distinte è rischiosa, a tratti forzata, quando insiste su visioni meno evocative, oppure talmente dolorose da risultare quasi caricaturali. Forse le sue canzoni sono legate da un'atmosfera ed un umore che alla lunga possono risultare monocordi ed asfissianti.
Ma non si può negare l'energia sincera, quanto disperante, delle sue liriche, né la brillantezza di molte delle sue soluzioni melodiche; e se si confronta il suo lavoro con quelli di altri artisti altezzosi, sopravvalutati e pieni di sé come (un nome a caso) gli Afterhours, sembra evidente che Le Luci della Centrale Elettrica siano già una delle cose migliori capitate alla musica italiana negli ultimi tempi.

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