Il buon vecchio Lenny sembra non voler invecchiare mai, né fisicamente, né artisticamente.

A cinquantaquattro anni suonati è il momento per lui di rimettersi in gioco con questo nuovo “Raise Vibration”, undicesimo episodio in studio di una carriera che l’ha ormai consacrato come classico moderno. Il ritorno alla musica arriva in contemporanea ad una carriera di attore abbastanza appagante, che però non ha provocato nessuna scalfitura nelle motivazioni dell’artista statunitense, che propone un buon disco, in alcuni episodi persino ottimo.

Chiariamo subito che, come ampiamente prevedibile, non c’è niente di rivoluzionario né di sperimentale in queste dodici nuove tracce; si tratta però di un album molto solido, scritto suonato e prodotto (come d’abitudine per Kravitz) in solitaria, esclusi i contributi sporadici dello storico chitarrista Craig Ross e del compositore David Baron. C’è una maggiore volontà di variare le atmosfere da brano a brano rispetto al pur decoroso predecessore “Strut”, ed è una scelta che per fortuna non va a discapito della compattezza del lavoro.

Lenny insomma fa il Lenny e lo fa ancora discretamente bene, concedendosi (nonostante la suddetta rigida classicità della scrittura à la Kravitz) un paio di giocate inaspettate, scegliendo un lead single di quasi otto minuti come “It’s Enough” (molto bella la coda strumentale nel finale) e piazzando in chiusura il brano più corto del disco (il soul r’n’b patinato di “I’ll Always Be Inside Your Soul”) dopo una sfilza di canzoni che si assestano intorno ai cinque minuti di durata media.

Album quindi che si prende comodamente i propri spazi, saltando dal rock roccioso dell’apertura “We Can Get It All Together”, al classico Kravitz che amoreggia col funk di “The Majesty Of Love” e del supersingolo “Low” (con sorprendente cammeo di Michael Jackson), passando per una sorpresa electro come “Who Really Are The Monsters?”, una titletrack che salta da una partitura ritmica all’altra concedendosi echi della vecchia “Again” e una superballad come “Johhny Cash” (Johhny Cash consolò Kravitz subito dopo la morte della madre, mentre erano entrambi a casa del produttore Rick Rubin), languida e sorniona come solo lui sa fare. C’è anche un piacevole pezzo estivo, “5 More Days ‘Til Summer”, che non guasta e spezza un po’ l’atmosfera in maniera piacevole.

Lenny Kravitz in definitiva fa sempre il Lenny Kravitz ed è sempre bravo nel farlo, e questa nuova aggiunta al suo ormai lungo percorso è cosa assolutamente gradevole e gradita

Brano migliore: It’s Enough!

Carico i commenti... con calma