Non so quanti troveranno da dissentire se sentenzio ora che musicalmente il XX secolo è passato alla Storia come l'Era della Chitarra, ma così è per me (se vi pare): Andres Segovia ce l'ha presentata e l'ha subito resa "classica", Robert Johnson giura, e come non credergli, di averla rubata la sua dal Diavolo in persona, Django Reinhardt l'ha trasformata in Jazz, Chuck Berry ha escogitato un modo piuttosto originale di suonarla (mi riferisco ovviamente al duck walk, il passo dell'oca...), un ancora troppo poco compreso John Fahey (è troppo presto forse..) gli ha dato la voce della Natura e dello Spirito e poi, poi qualcuno ha pure pensato di darle fuoco e sacrificarla in nome di Madre Arte...

Oltre a codesti divini hanno trovato, per fortuna, il loro piccolo spazio tutti quei sinceri ed onesti appassionati dello strumento, quegli artigiani che lungi dalla presunzione di poter inventare, hanno dedicato le loro umili esistenze a cercare di far risuonare come si deve quello strano oggetto in legno...

Con Leo Kottke o anche con Robbie Basho e, come no, pure Jerry Garcia, Ry Cooder e David Grisman (per dirne alcuni), parlo in particolare della chitarra folk americana per eccellenza degli anni dai fine Sessanta ad oggi, voce della grande tradizione country, blues e bluegrass. L'"iniziazione" di Kottke è emblematica in tal senso; infatti il giovane Leo intorno al '69 tentò l'impresa di ingraziarsi il Buddha della chitarra folk, signor Fahey, che forse si faceva chiamare al tempo "Blind Lemon Spinoza" o qualcosa del genere, mandandogli per posta con non so quante speranze all'indirizzo Takoma Records (di fresca fondazione) una cassetta con alcune sue registrazioni.. Beh nonostante il leggendario carattere scorbutico e schivo del grande maestro, era proprio impossibile che un gioiello che altro non è "The Driving Of The Year Nail", un minuto e cinquantanove di una vecchia acustica scatenata a ritmo frenetico con un fingerpicking indiavolato e armonici da mozzafiato, passasse inosservato..

Perché questo è Kottke, un virtuoso innamorato del folk e illuminato dal primo capolavoro di Fahey, "The Transfiguration Of Blind Joe Death", che consuma uno slide in metallo al giorno su una dodici corde in quercia per una musica da fiere paesane di una volta e che tra un numero e l'altro si diverte persino a citare un tal J.S. Bach ("Jesu, Joy Of Man's Desiring")..

Nota 1: con le 500.000 copie vendute questo album ha venduto molto di più che Fahey nell'intera carriera..

Nota 2: il voto sarebbe cinque in relazione al resto del mondo, ma avendo commesso l'errore di dare un voto ad "America"...

Nota 3: l'escursus iniziale non vuole essere in alcun modo esaustivo, spero quindi di non ricevere insulti da fan e/o parenti di artisti non nominati...

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