Un buon film questo di Leonardo Di Costanzo, di cui avevo già apprezzato “Terraferma” (con Servillo e Orlando). L'ambiente è sempre quello del carcere, ma mentre in “Terraferma” si trattava principalmente il rapporto tra detenuti e secondini in un carcere vecchio stampo, qui in “Elisa” siamo in un luogo quasi idilliaco, un bosco recintato sulle montagne svizzere, con piccole casette di legno indipendenti, ognuna occupata da due sole detenute, una struttura creata appositamente con l'obiettivo primario del recupero e della redenzione di chi ha commesso gravi crimini.
Il film è ispirato a fatti realmente accaduti (come ci ricorda una sovraimpressione iniziale), ma alla fine si tratta poco più di un pretesto per parlare invece di sensi di colpa, pentimento, possibilità di recupero e anche, grazie a un cameo essenziale di Valeria Golino, di rispetto per le vittime e i loro familiari.
A interpretare la parte della protagonista è una bravissima e credibilissima Barbara Ronchi. Il film si regge quasi interamente sulle sue spalle, o meglio sui suoi grandi occhi e i suoi sguardi, coadiuvata dal criminologo francese con cui ha ripetuti colloqui, interpretato dal sempre bravo Roschdy Zem.
Molto in parte anche il resto del cast su cui spicca la figura del padre di lei, un tenero e commovente Diego Ribon, che non abbandona mai la figlia nonostante il crimine orrendo che ha commesso (è in carcere da dieci anni per aver ucciso la sorella e poi averle dato fuoco). Di Costanzo ha il merito di non prendere mai una posizione netta: si scava nei fatti, nei ricordi, si ricostruisce ciò che è successo soprattutto per capire, perché senza una spiegazione non si può fare nessun passo avanti e non è detto, non solo che ci si riesca, ma anche se sia eticamente corretto farlo.
Il film alla fine pone più che altro delle domande ben precise, ma le risposte non sono mai univoche e lascia allo spettatore il compito di elaborarle per conto proprio. L'interesse del regista è chiaramente incentrato sui rapporti umani in un universo, quello carcerario, dove le logiche sono diverse dal resto della società. La sua indagine, dopo “Terraferma”, sembra continuare, prendendo in considerazione aspetti diversi di un mondo su cui è quanto mai opportuno (e lodevole) mantenere vivo l'interesse.
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