Ciao ragazzi/e, mi ero un po' stancato, negli ultimi tempi, di cercare il cinema italiano "minore" lontano nel tempo, ed ho pensato quindi di farVi gradito regalo a recensire qualcosa di più recente, scegliendo, al proposito, Leonardo Pieraccioni e quello che, secondo il Vostro recensore di fiducia, è il suo film migliore, "Ti amo in tutte le lingue del mondo" ('05).
Seguitemi, dunque, in questa nuova, inedita, e spero emozionante, sortita, fatta coraggiosamente per Voi e soprattutto con Voi.
Chissà che pensa Paolina, e cosa desidera quando dice di amare, in tutte le lingue del mondo, il suo professore, Gilberto: cerca davvero l'uomo della sua vita, o, dietro l'amore per un uomo apparentemente maturo, a suo modo portatore di un'immagine autorevole, desidera l'affetto di una figura paterna, un surrogato del vero padre perduto? E cosa cerca il professore in Margherita, madre di Paolina conosciuta quasi per caso, forse una figura femminile dedita agli altri, sensibile verso gli animali, verso il prossimo e verso egli stesso, un porto sicuro dopo le burrasche del suo matrimonio fallito? Perché la moglie di Gilberto lo tradiva, cercando sesso ovunque, ed a tutte le condizioni, quasi volendo dimenticare la quiete del focolare, della famiglia, alla ricerca di un'avventura qualsiasi che la riscatti da decenni di noia prenotata nel talamo domestico e disfatto? E lo stesso dicasi per il sessuomane collega, Anselmi, alla ricerca di feticci, più che di affetti. E la mamma di Paolina cosa cerca nel professore, un riscatto degli amori perduti anch'ella, un padre per la figlioletta ed un maestro di vita, o un soggetto da governare, salvare teneramente come lei fa di solito con gli animali? E, Massimo, il padre di Paolina, crede forse di riscattare, fattosi frate, il mancato amore per la figlia con l'astratto furore dell'amore per un dio inconoscibile, rifuggendo il mondo e la sua caducità? Per non dire di Cateno, fratello ritardato di Gilberto, che forse cerca e trova l'amore nel suo mondo personale, poetico, notturno ed improbabile, ma non sa indicare a nessuno la strada per seguirlo.
Sotto le mentite spoglie di una commedia natalizia, che strappa a tratti qualche risata, questo film tratta, credo involontariamente (ma, del resto, quante nostre azioni hanno risultati diversi da quelli voluti?), sentimenti universali, allestendo una galleria di personaggi che, senza una prospettiva, senza un sistema che li contenga e li guidi verso una meta, sfuggono dalle catalogazioni, rifuggono la stessa idea di maschera e tipo, rimanendo irrisolti, e spingendo lo spettatore ad interrogarsi, anche dopo la fine del film, sui loro bizzarri ed impliciti destini, sulle loro sorti e sull'esito della loro personale ricerca della felicità.
Che forse troveranno, o forse no, perché non tutti i film finiscono con la parola "fine" sullo schermo.
So che Pieraccioni è personaggio piuttosto inviso da chi ama il cinema, e probabilmente da molti lettori di Deb, probabilmente a ragione: l'iniziale facilità delle sue commedie, l'insistito richiamo ad una toscanità ruspante ma stucchevole, il furbo e compiaciuto utilizzo di bellezze facili ed improbabili a supporto delle sue modeste prove d'attore non hanno giovato alla sua fama e nomea; pur dovendosi riconoscere al Nostro di aver intercettato i gusti del pubblico medio, quello che, nella semplicità che non mi sento di criticare e di cui sono io stesso parte, cerca lo svago, l'evasione entrando in un cinema natalizio, specie se consapevole che, spesso, il natale è un giorno come un altro, con l'aggravante di lasciarci soli con le nostre paturnie, senza la forzosa distrazione del lavoro (camerieri, ristoratori, casellanti ed addetti ai trasporti esclusi).
Una volta tanto credo, tuttavia, che occorra riconoscere anche a Pieraccioni il merito di aver fatto un bel film, delicato ed in grado di toccare le corde profonde dei sentimenti, proprio perché non descrive linearmente l'amore (possibile o impossibile, esotico o meno), quanto un insieme di amori che lo stesso regista ammise di essere votati al fallimento, alla non riuscita, alla frustrazione. In questo mosaico ben si inquadrano i personaggi descritti, e tutto sommato anche le prove attoriali della solita banda, da Panariello, a Papaleo, passando per un Ceccherini meno esagitato del solito, anche se sempre ai bordi della normalità.
Fra tutti i personaggi tratteggiati da sceneggiatori e regista spicca la mia quasi omonima Paolina (una brava e fresca Giulia E. Gorietti), rara figura adolescenziale in grado di intenerire pur facendo la smorfiosa: più che il parto letterario di uno scrittore d'origine russa, mi sembra la più modesta protagonista di un vecchio pezzo dei Police, acquerello di tanti giovani che non sanno bene che fare e dove andare, ed ancora non immaginano che l'adolescenza, e le sue incertezze, non sono che la prova generale di quella che alcuni si ostinano a chiamare "maturità".
Maturamente Vostro,
Il_Paolo
PS: cari tutti, devo purtroppo annunciarVi che questa è la mia ultima recensione della stagione, almeno per quanto concerne il cinema "minore". Dovrebbe seguire a giorni una recensione musicale volta a chiudere provvisoriamente la mia "mission". Ma - come ben saprete - ad ogni brutta notizia ne segue una bella, ovvero che, di qui alla fine della stagione estiva, intendo aprire un ciclo di recensioni tematiche - "Il_Paolo: Estate per Voi" - dedicato a musica e cinema di tipica ambientazione e spirito estivi. Ciò per guidarVi alla riscoperta di arti misconosciute, musiche ed immagini ideali per un acquagym nel villaggio estivo, per un calippo alla piscina comunale, un immancabile camogli all'autogrill, una Wienerschnitzel nei rifugi, ed, ovviamente, per lasciarvi meno soli al sole. Certo di farvi cosa gradita, vi saluto caramente. SV, Il_Paolo
Carico i commenti... con calma