Un viaggio nei meandri più profondi della Terra. Un’esperienza mentale / musicale allucinante, come un tonfo dentro millenni di storia, in bilico fra magia e occultismo, smania e ricerca. The heart of the Earth. Nel cuore della Terra.

Athanasius Kircher visse quattro secoli fa. Era un gesuita assai erudito, esperto in ogni campo della scienza, dalla geologia all’alchimia, dalla chimica alla storia naturale; lo affascinava profondamente la cultura orientale. Kircher assistette per caso all’eruzione in contemporanea dell’Etna e dello Stromboli, quasi un segno del destino. Scrisse di queste avventure, fra cui la cronaca di una discesa nel Vesuvio, nel suo Mundus Subterraneus, un’opera imponente in cui tratta di tutto lo scibile riguardo al sottosuolo terrestre.
Ma non si limitò a questo. Il gesuita continuò con le sue fantastiche speculazioni sull’interno della Terra, sui laghi nascosti, sui fiumi di lava, sugli abitanti delle viscere del pianeta. Una lettura terribilmente affascinante, in cui alla scienza si unisce il mito, parto di una mente dilagante. Si respira un’aria fantastica e misteriosa.
Millenni di enigmi hanno affascinato l’uomo, sterminati interrogativi lo hanno tormentato. E lo tormentano ancora.
E’ un’escursione nel proprio inconscio, quella dei Lightwave, che tentano di plasmare in suoni le immagini del Mundus Subterraneus di Kircher; è un percorso fra ansie e paure, passato e futuro, incubo e incanto; alla ricerca dei propri fantasmi e dei propri demoni; esplorazione sonora di mondi lontani e arcani, forse irreali, che non emergono in superficie né possono farlo; distacco da se stessi, poi immersione e immedesimazione.
A metà fra ambient e kosmische musik, queste sonorità strabiliano, conducono in una dimensione eterea di alienazione dove stare con se stessi, scavare a fondo, meditare. C’è chi lo definisce approccio naturalistico all’elettronica. Ma non musica di conforto, semmai vertigine metafisica, tengono a precisare loro.
Sintetizzatori invadenti, violini sinistri, rumori, dissonanze, sibili, mormorii, trame che si intrecciano e si rompono, cerchi sonori, interruzioni. Inizia la discesa nell’Ade (De Motu Pendulorum), quasi come una catabasi musicale. Poi l’anima si dispiega (Cabinet De Curiosites), fino a tuffarsi nell’ abisso più oscuro (Towards The Abyss). Ancora estraniazione da se stessi. Finché non si risale alla luce (Ascension). Discesa, ascesa. Buio, luce. In attesa di nuove avventure. In futuro (Mapping The Earth).

Un ascolto impegnativo, che coinvolge la mente. Musica colta, profonda, emotiva.
Da ascoltare in silenzio. E da soli.
‘’Mundus Subterraneus is definitely music from the dark and the deep side of the Earth’’

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