Due terzi di 16 Horsepower. Come dosaggio di ingredienti si comincia più che bene. Non resta che aggiungere poi malinconia e l'autunno. E perché no, una cartolina con le foglie ingiallite che cadono su un boulevard parigino. E ancora quel cappotto malconcio e un po' rammendato, ma tanto, tanto comodo e caldo, che forse sarebbe ora di buttare.
Pascal Humbert e Jean-Yves Tola confezionano, con l'aiuto di numerosi amici, un ottimo lavoro, sospeso tra quel vago tepore autunnale francese e il Leonard Cohen più intimista. Si allontano dalla matrice più strettamente folkloristica a cui ci hanno abituati, sebbene lei sia sempre lì dietro l'angolo, come in Lover, un classicaccio a base di slide guitar, con liriche che calzano a pennello, e Whitewashed, climax dello struggimento, dove i 16 Horsepower sono al completo, con David Eugene Edwards alla voce. Miles Away è un laconico colpo al cuore in cui Humbert, da solo, dà il meglio di sé.
Oltre all'ottima voce roca della sconosciuta Kal Cahoone, il duo tira fuori a sorpresa anche il "mio" Tom Barman nella sua veste più micia. Unica nota stonata una tastiera intrusa e riempitiva che si intrufola in almeno un paio di canzoni, rovinando un'atmosfera fumosa e languida.
I giorni del country polveroso sono lontani, quella è una strada a cui Edwards è rimasto fedele, con il progetto Woven Hand. Humbert e Tola cambiano rotta abbastanza nettamente rispetto all'esordio "Transmission of All The Good-Byes", quasi totalmente privo di cantanto e più "basico" nella strumentazione e nelle atmosfere. "Short Stories" invece è ricco di suggestioni crepuscolari, sussurrate con toni sommessi. Riscalda e avvolge il cuore. D'altronde con il sax di Dana Colley, di morphinica fama, che si affaccia in un paio di canzoni (la strumentale Cavalcade e The Trap), non poteva essere altrimenti.
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