Un po' come nel black metal, dove si trovano nomi con riferimenti a Satana o alle foreste, nel progressive metal sta diventando sempre più comune utilizzare nomi che hanno in qualche modo a che fare o con la sfera del mondo matematico geometrico o con quello dell'astronomia, ed è così che dopo i non entusiasmanti Spheric Universe Experience (questi racchiudono tutti e due gli ambiti dei nomi tipici nel prog metal) mi sono ritrovato per le mani questi Linear Sphere, band nata a Londra 10 anni fa e che vede tra le proprie linee i seguenti musicisti:

Jos Geron - Voce
Martin Goulding - Chitarre
Charlie Griffiths - Chitarre
Nick Lowczowski - Batteria
Dave Marks - Basso

Accostatomi alla proposta della band con non poche riserve, si tratta infatti di progressive technical metal (non sono poche le band a cadere in una mera e fredda dimostrazione tecnica fine a se stessa in questo genere) devo dire che già da un primo ascolto mi sono dovuto subito ricredere, dal momento che in questo "Reality Dysfunction" datato 2005, nonostante la componente tecnica sia presente ed assolutamente udibile, ciò che colpisce l'ascoltatore è la capacità con la quale questi cinque londinesi riescano ad essere melodici in alcuni frangenti e stranamente aggressivi (nel progressive avere questa qualità non è esattamente una priorità), aggressività dovuta non solo alle ritmiche e dai riffs di chitarra sempre serratissimi, ma anche dalla voce acida del cantante, che riesce ad alternare linee di stampo classicheggiante, nelle quali mostra di essere in possesso di una voce bella e calda, ad altre decisamente più vicine ad una sorta di scream non esageramente esasperato.

Per quanto riguarda l'aspetto puramente musicale, la proposta di questi Linear Sphere si può anche racchiudere nel concetto di technical metal, nel quale convergono però svariati generi musicali, dei quali il progressive metal è solo una delle componenti: si notano infatti una massiccia presenza di post thrash a là Meshuggah, così come sono presenti parti accostabili al death e una grande quantità di jazz fusion, specialmente per quanto riguarda gli assoli del due Goulding/Griffiths.
Delle sette tracce che si susseguono nessuna spicca in maniera particolare, attestandosi tutte su un livello qualitativo buono, in alcuni frangenti addirittura ottimo, dimostrando però una certa staticità in fase di song-writing, il che porta ad una generale somiglianza di tutti i pezzi (per capirci è un po' quello che succedeva in "A Sceptic's Universe" degli Spiral Architect).
A far da contraltare a ciò i nostri sfoderano però una capacità di mantenere alta la soglia d'attenzione anche laddove si inerpichino su territori tortuosi come quelli delle "suite", dimostrazione di tale fatto è la riuscitissima canzone che chiude il disco "From Space To Time", nella quale i nostri dimostrano una certa capacità nel costruire atmosfere assolutamente piacevoli, che fanno sembrare alla fine dei conti i 25 minuti effettivi, molti di meno, grazie ad una continua alternanza di parti dove è la melodia a farla da padrone, ed altri in cui si spinge il piede sull'accelleratore e viene fuori l'anima più metal del gruppo.

La qualità della produzione, a cura della band stessa, risulta essere di qualità ben più che dignitosa, dimostrando una certa cura nella riproduzione dei suoni che risultano puliti e ben calibrati per quel che riguarda il volume, regolato alla perfezione.
Tirando le somme si può dunque affermare di avere tra le mani un prodotto sicuramente al di sopra la media, che pur mostrando il fianco il qualche frangente si lascia ascoltare più che volentieri e riesce a non essere freddo e sterile.

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