I Live sono stati una delle tante band nate dalle ceneri dell'era post-grunge come Bush, Creed e Silverchair, capaci di riscuotere un discreto successo di vendite e di fama nel corso degli anni '90, senza mai raggiungere i picchi di notorietà dei propri padri ispiratori. Padri ispiratori che, nel caso dei Live, non erano solo Nirvana e compagnia bella ma anche, e soprattutto, gli U2 prima maniera con la loro forma canzone intrisa di spiritualità e appeal commerciale al contempo. In "Secret Samadhi", loro terzo lavoro in studio, è evidente questa ricerca, ma l'alchimia giusta è solo a volte sfiorata, come nella opener "Rattlesnake" o in "Graze" dove il rasato cantante Edward Kowalczyc si domanda in modo emblematico quanto sicuramente involontario:"Supererà la prova del tempo? O marcirà come la missione troppo a lungo tentata?". Sicuramente dopo quasi venti anni il tempo ci ha dato una risposta chiara e con questo lavoro i Live, a differenza che con altri album precedenti e futuri, non hanno saputo superare la prova, persi tra una produzione tesa a creare un suono fin troppo pieno e saturo e melodie vuote e a volte latitanti. Emblematico in tal senso il singolo "Lakini's Juice" costruito su un riff zeppelliniano portante senza mai arrivare a una melodia che dia compiutezza al brano. Si salvano dal naufragio solo grazie a un pugno di canzoni comunque valide anche se non eccelse e grazie ad un unica perla, "Gas Hed Goes West", ballata chiaroscurale ricca di riverberi elettrici che, posta al termine del disco, possiede finalmente un senso di compiutezza. Tre pallini scarsi. Rimandati.
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