Non so se intitolare questa recensione del concerto di Lou Reed dell'altra sera  (11 luglio 2007) al Parco della Pellerina di Torino
A) se avessi pagato sarei abbastanza irritato
oppure
B) per fortuna c'era Steve Hunter
oppure - come credo la intitolerò -
C) I'm just a tired man
come ha cantato il vecchio lou durante "The kids", frase lapidaria in cui si cela un'ammissione di colpa sacrosanta.

Lasciamo perdere la disgustosa bolgia creatasi nella infame cornice del Parco della Pellerina che qui a Torino si ostinano a dare al Traffic Festival, risultato della vergognosa debacle dell'organizzazione di ieri sera (marchiata a fuoco dalla solita spocchia grandeuristica filofrancese coniugata alla cronica incapacità menefreghista da terroni che si mangia continuamente nell'ex capitale sabauda), a cominciare da quelle cazzo di sedie + transenne + area vip del cazzo piazzate per accontentare le fisime di quel deficiente di Lou Reed che crede di essere al Metropolitan anche quando suona a Passamarina di Sotto, senza rendersi conto che ha a che fare con gli italiani, che riescono sempre a non perdere occasioni come questa per dimostrare che stanno mezzo gradino sopra le bestie solo perché parlano (alcuni, almeno).

Premettiamo poi che l'album "Berlin" è un capolavoro assoluto che - tra le cose meravilgiose che ha fatto Lou - amo moltissimo, insieme o forse anche più di "Street Hassle"  - uno un monumento decadente trasposto altrove all'America post certezze dell'inizio dei '70, l'altro l'affresco sonoro che dipinge questa decade che se ne va (mentre amo meno "Rock Minuet" che sento come la "Street Hassle" dei poveri) -  e pure ammettendo che non ho avuto modo e penso non ne avrò in futuro di assistere ad altre performance di questo spettacolo (che forse in teatro rende meglio) ecco che mi trovo obbligato a dire che interpreto questa revisitazione di "Berlin" come un progetto ambizioso e un po' megalomane che - come tutti i progetti pretenziosi - necessita di una realizzazione perfetta per riuscire bene.

Questa purtroppo - almeno ieri sera - non c'è stata.

In primis, non so se sia stata solo colpa del posto (dall'acustica notoriamente pessima) ma il risultato del mixaggio era estremamente carente e faceva alternativamente squillare gli ottoni dell'orchestra o rimbombare il basso di Fernando Saunders senza far sentire un emerito cazzo di quel che combinava Lorenzo con le 14.835 chitarre che ha cambiato, rendendo inutili, lunghe e noiose le interminabili ripetizioni dei refrain cantate dal coro, che - suppongo - avessero un senso nel voler lasciare spazio alle chitarre. Ma forse fin qui meno male, perché quando si è sentito qualcosa e abbiamo potuto godere di un assolo dell'ex coney island baby, sinceramente non si capiva bene chi volesse essere... forse - pensiero agghiacciante - pensava di essere ancora Lou Reed.
Per fortuna, come si diceva, c'era Mr. "R'n'r animal" Steve Hunter, che ha fatto le uniche cose veramente splendide della serata tirando fuori un bel paio di assoloni e uno splendido extra su "Sweet Jane" (ma perché non gli hanno anche fatto fare l'intro, mi dico, perché, perché?).
Dopodichè, la notte. Da Lou solo la figura di un "tired man" perso in oziosi atteggiamenti da truce direttore d'orchestra che ama tanto, tra chiamare la fine dei pezzi e dirigere il più che paziente Saunders in uno sciapo duetto di gorgeggi ugolari col pubblico su "Satellite of love", e una voce strappata e roca, che già nel sound check non riusciva ad uscire indenne dai fraseggi più semplici, troppo stanca e spenta per non essere inascoltabile, tirata e gracidante fino a doversi ridurre a scendere di due ottave sotto per riuscire a soffiare ancora qualcosa nel microfono. Da tutto quanto l'ensemble (strumentisti vari - Steve Hunter a tratti escluso - più il New Children Choir e gli elementi della Metropolitan Orchestra di Londra) solo finali e attacchi sbagliati e troppi stop inutili dove sarebbe stata necessaria molta, molta più fluidità. Diciamo per brevità non tutti questi nuovi arrangiamenti mi sembrano azzeccati.
Intendiamoci, l'idea di base era buona, ma per farla venire fuori al meglio ci sarebbe voluto un Lou d'altri tempi, non quella carcassa dinosauresca che è diventato adesso: da un trasgressore come lui mi sarei aspettato una scelta radicale, tipo avere il coraggio di pigliare un talentuoso qualcun altro e metterlo sul palco a cantare e suonare per lui, tipo cioè quello che è successo nel finale quando mezza "Sweet Jane" l'ha cantata la corista (tale Sharon Jones  che è stata bravuccina ma non bravissima come avrebbe dovuto - vedi sopra riguardo alla necessità di fare bene le cose pretenziose - dimostrandosi gattina dove sarebbe servita una pantera), e quando tre quarti di "Satellite of love" se li è smazzati Fernando Sauders.
Anche il regista del video per lo schermo, detto en passant, era un idiota che continuava a piantare sempre e soltanto le telecamere sul coro.

Quindi che dire?

Caro Lorenzo, ai tuoi tempi sei stato un grande e a volte anche un grandissimo,
ma qui non basta piazzarti dietro le spalle le rutilanti magie visive dei tuoi amici Schnabel con la Seigner bionda che rifà Christa P. e tu che compari di sfuggita, sia nelle immagini vaganti sulla tappezzeria a fiori della scenografia sia come - ahimè - ex rock star malandata sul palco... Quindi scusami, ma in questo tuo concerto - di cui secondo te dovrei poi raccontare ai miei figli - mi è mancato qualcosa, o meglio, troppo. Cosa? Sicuramente tu, perché ti ho visto là sopra ma non so dov'eri veramente... Perché le fai 'ste cose? Ci credi ancora veramente? O ha avuto ragione la mia dolce metà, magari meno appassionata di musica di me ma acuta e critica osservatrice di umanità, che alla fine del tuo concerto, osservando la pomposa soddisfazione e tutto il grondante autocompiacimento di cui ti beavi nel salutare il pubblico, mi ha detto "Questo non è il concerto di Lou Reed per Torino, questo è un concerto di Lou Reed per Lou Reed... Lou Reed è andato a vedere la gente a un suo concerto...".
Non ho proprio potuto darle torto.

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